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Dolcetti al miele

Lectio: Aliter dulcia [Apicius, De Re Coquinaria, 7, XIII, 6]

Dolcetti al miele

Dolcetti sorprendenti, di facilissima preparazione. Quella proposta è una delle numerosissime ricette di dolci suggerite nel VII libro dell’Arte Culinaria di Apicio. Peculiarità di questi pasticcini è l’accostamento curioso ma gradevole di dolce (miele) e piccante (pepe). Si può usare sia latte che acqua calda. Ovviamente è preferibile il latte.

Accipies similam(1), coques in aqua calida, ita ut durissimam pultem facias, deinde in patellam(2) expandis. Cum refrixerit, concidis(3) quasi dulcia(4) et frigis in oleo optimo. Levas, perfundis mel, piper aspargis et inferes. Melius feceris, si lac pro aqua miseris.

  1. similă, similae: è il fior di farina.
  2. patellam: non è la padella, come potrebbe sembrare, ma il piatto di terracotta.
  3. concīdo, concīdis, concidi, concisum, concīdĕre: lett. fare a pezzi, spaccare, massacrare.
  4. concidis quasi dulcia: tagliali come a formare dei dolcetti, quindi a forma quadrata o circolare, a piacere.

DOLCETTI AL MIELE

Per 6 persone: porta ad ebollizione ½ litro di latte in una pentola antiaderente. Quando il latte bolle, settaccia nella pentola 275g di farina tipo 0 e mescola vigorosamente fino ad ottenere una polentina molto spessa. Se il composto non diventa abbastanza spesso, aggiungi altra farina. Togli dal fornello l’impasto, stendilo su uno spianatoio e ricavane una sfoglia di circa 1 cm di spessore. Una volta raffreddata, tagliala a cubetti o a cerchi, formando dei dolcetti. Friggi i biscottini così ottenuti in abbondante olio caldo. Quando diventano di colore bruno-dorato, rimuovili dall’olio e adagiali su un panno di carta assorbente. Cospargili ancora caldi di miele e insaporiscili con un’abbondante spolverata di pepe. Sono ottimi tiepidi.

Monitus Gnari

Argumenta: Il Miele

Già 7000 anni fa iniziavano a comparire sulla faccia della Terra le prime arnie, costruite dagli uomini del Neolitico in maniera rudimentale. Il frutto del lavoro delle api fu apprezzato lungo tutta la storia, e le civiltà del Mediterraneo fecero ampio uso del miele.
Presso gli Egizi il miele era considerato sacro, dato che era impiegato nei sacrifici alle divinità e che ne sono stati ritrovati vasetti nelle tombe dei faraoni.
Gli Ittiti, invece, sono la popolazione che ci ha tramandato il nome che oggi utilizziamo per designare questo alimento: è dall’ittito melit, infatti, che è derivata la parola miele.
Anche i Greci ebbero un rapporto sacro col miele, ritenuto cibo degli dei e quindi offerto in sacrificio o libato con latte o vino ai morti.
I Romani amarono oltremodo il miele e gli altri prodotti delle api (come la cera). Proprio per l’altissima richiesta di tali prodotti, e per l’incapacità di soddisfare autonomamente il fabbisogno di miele e cera di Roma, i Romani furono costretti ad importarli da isole (come Cipro, Creta o Malta) o da paesi del Mediterraneo (Grecia, Africa del Nord, Spagna).
Una curiosità: il nome latino dell’isola di Malta, Melita, deriva dal greco μέλισσα (μέλιττα), ape.

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