Garum, che cos’era davvero?

La questione Garum: una salsa speziata e gustosa o un nauseabondo miscuglio?

Anche chi ha solo vaghe notizie sugli usi alimentari dei Romani, certo avrà sentito parlare del garum, e di sicuro sarà rimasto incuriosito nell’apprendere in cosa consistesse tale condimento e con quale frequenza i Romani lo facessero rientrare nelle loro pietanze.

Voglio quindi proporre alla comunità di Discipulus una serie di articoli, che, tutti insieme, tentano di essere una ricerca documentata e sufficientemente completa, senza però aver pretesa di esaustività sull’argomento. Un punto di partenza che poggia su una base piuttosto ampia per chi volesse ulteriormente approfondire il tema e magari condividere i risultati.

Dodici articoli, dunque, che verranno pubblicati con cadenza periodica, anche per dar modo ai lettori di poter verificare le fonti, se lo vorranno, e suggerire ulteriori informazioni.

Ma cos’era il garum? Una salsa di pesce macerato nel sale, alcuni dicono dall’odore nauseabondo, che i nostri progenitori includevano qua e là nelle loro preparazioni culinarie.

Devo confessare che fin dalla prima volta che sentii parlare di questo strano condimento, sbrigativamente descritto come il maleolente risultato della macerazione di pesci e delle loro interiora, insaporite con erbe aromatiche, pensai quanto diverso fosse il gusto degli antichi dal nostro, e come a giusta ragione quelli avessero detto: de gustibus non disputandum est!!!

Parlando del garum, la prima cosa che viene da chiedersi è perché i Romani avrebbero dovuto ritenere una costosa prelibatezza quella che pare essere una schifezza dal sapore e dall’odore sgradevolissimi? Il garum è quindi una questione innanzitutto per il suo uso: chi oggi sognerebbe, o solo consiglierebbe, come faceva Apicio nel suo ricettario, di mettere senza parsimonia quella salsa su quasi tutte le pietanze, dall’antipasto al dolce, su piatti di carne come di pesce, e sulle verdure? Questo uso frequentissimo e apparentemente indiscriminato che Apicio fa del condimento ha fatto ritenere alcuni che quello che egli chiama liquamen fosse solo una forma di sale semiliquido, ma i dati a nostra disposizione sembrano smentire una simile interpretazione, che avrebbe però il merito di rendere meno disgustoso ai nostri occhi l’uso di questo preparato.

Nell’intento di raccogliere qualche informazione su questa salsa, che rappresenta un problema a partire dalla ricetta, ho preferito dare molto spazio alle testimonianze delle fonti a nostra disposizione. Voglio infine ringraziare il nostro Aiace Telamonio per il suo prezioso aiuto nella correzione delle traduzioni delle fonti latine citate, e faccio altrettanto con Sempronia, che ha rivisto le traduzioni dei passi greci.

10 Replies to “Garum, che cos’era davvero?”

  1. Emilio Salgari, in diversi suoi libri, nomina il blaciang, piatto malese composto da pesci e gamberetti tritati, salati e fatti macerare al sole. E’ ancor oggi una “specialità”(!!!!!) della cucina giavanese

  2. Presso la Tonnara del Secco a San Vito lo Capo vicino l’edificio centrale ci sono ancora i resti di antichissime vasche in cocciopesto dove veniva lavorato dai Romani il pesce per la preparazione del Garum che veniva poi esportavano in capienti anfore di terracotta in tutto il Mediterraneo.
    L’ impianto ittico per la lavorazione del pesce è stato attivo dalla fine del IV secolo – inizi del III secolo a.C. all’anno 827 (arrivo degli Arabi) Per visitare dal mare la Tonnara del Secco > http://www.occhioalboma.it/riserva%20zingaro.htm
    Saluti Alfredo

    1. Grazie Alfredo! Non avevo notizia di questi resti a San Vito lo Capo. Sapevo invece di ritrovamenti simili in Spagna e Africa…

  3. C’è qualcunop che è in grado di indicarmi come si preparara il Garum? oppure dopve andare a trovare la ricetta originale? grazie

  4. Salve! Ho sentito parlare del Garum durante una visita a Magdala (Israele) dove sono in corso scavi che hanno già riportato alla luce il vecchio porto e una sinagoga del I° sec. E’ noto che a Magdala esistevano fabbriche che salavano il pesce. Sembrerebbe che si preparasse anche il “Garum” usato dai romani per la conservazione delle carni non esistendo, a quei tempi, sistemi di raffreddamento delle stesse.
    Mi farebbe piacere ricevere conferma se tale ipotesi trova fondamento in quanto citata in fonti dell’epoca o in epoche immediatamente successive. Grazie

  5. E se fosse invece una specie di “bagna cauda” di cui tutti i piemontesi (e non solo loro) vanno ghiotti ?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.