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I tipi di garum

Tutto sommato la ricetta base del nostro garum era quella descritta. Ma l’abilità dei cuochi e la voglia di stupire i commensali dei ricchi Romani fecero sì che venissero create diverse varianti di questo condimento, così da poter servire per usi specifici, come la preparazione di un determinato alimento. Questi tipi particolari di garum erano ottenuti miscelando la nostra salsa con ad esempio vino o olio; e ciascuna di queste varianti aveva un nome. I nomi che ne da Apicio, il quale propone anche dettagliate ricette in cui debbono essere usati, sono di evidente derivazione greca. C’è ad esempio l’oenogarum (in greco οἰνόγαρος), una variante piuttosto leggera, ottenuta aggiungendo del vino vecchio (da qui il nome), ruta e pepe, il tutto cotto a fuoco basso. Apicio lo consiglia come salsa per condire i tartufi (1) ; o per condire il fegato (2) o anche per il pesce (3). Quando al liquamen si aggiungeva dell’ acqua si otteneva l’hydrogarum (in greco ὑδρόγαρον), usato per cuocere delle polpette ripiene di grasso di pavone oppure per cuocere delle polpette semplici, questa volta però con l’aggiunta di feccia di vino speziato (4) .
Se si aggiungeva dell’aceto allora si aveva l’oxygarum (dal greco ὀξύγαρον), che Apicio raccomanda di usare come salsa digestiva, o anche come ingrediente ulteriore in un digestivo medicinale chiamato ossiporo (5) (in latino oxyporum, a sua volta calco del greco ὀξυπόριον). Sebbene Apicio non ne parli, esisteva anche una variante detta eleogarum, ovvero garum a cui è stato aggiunto dell’olio, e il cui nome deriva dal greco ἐλαιόγαρον.

Davvero interessanti poi sono le notizie contenute ancora una volta nei Geoponica. I paragrafi finali del ventesimo e ultimo libro costituiscono una preziosa fonte di informazioni per capire qualcosa di più sul garum. È indicata innanzitutto la già citata ricetta, descritta particolarmente, e subito dopo si fa menzione di una ricetta dello stesso condimento in uso in Bitinia (6) :

I Bitini lo preparano così: la cosa migliore è prendere menole, sia grandi che piccole, o altrimenti acciughe, sauri o anche allec, una mescolanza di tutte queste cose, Si mettando queste cose in un recipiente per fare il pane, nel quale si è soliti impastare la farina di frumento, e in un moggio di pesce si mescolino due sestari italici di sale, affinchè si mescoli col sale: lasciato riposare il tutto una notte, si riponga in un vaso di terracotta, senza coperchio, e si metta al sole per due o tre mesi, rimestandolo con un bastone ad intervalli. Dopo averlo preso e sigillato si metta da parte (a riposare). Alcuni aggiungono anche un sestario di vino vecchio ogni due sestari di pesce.

Segue poi una ricetta che spiega come ottenere il liquamen senza seguire il classico metodo di produzione, che richiede una lunga stagionatura del pesce nella salamoia, preoccupandosi sempre di rimestare di tanto in tanto, ma semplicemente cuocendo e filtrando il pesce (7):

Se poi si vuole usare subito il garum, cioè non lasciarlo al sole, ma farlo cuocere, si procede così. Si prepara una salamoia filtrata; dopo aver verificato che sia tale che un uovo immerso in essa galleggi (se l’uovo va a fondo, vuol dire che non è salata a sufficienza), si immerge nella salamoia il pesce, in una pentola nuova, si aggiunge dell’origano e si mette su fuoco moderato, finché sia cotto, cioè inizi anche a ridursi un po’; alcuni aggiungono anche del mosto bollito. Una volta raffreddato, lo si lascia cadere in un colino; si filtra ancora una seconda e una terza volta, finché non sia limpido; infine si mette da parte coperto.

Infine l’opera chiude descrivendo qual è come si prepara il garum migliore: è quello che i Greci chiamano “salsa di sangue” (8):

Il garum più pregiato, quello chiamato salsa di sangue (αἱμάτιον), si ottiene così: si prendono le interiora del tonno, con le branchie e il sangue, si salano quanto è necessario, poi si mettono in un vaso. Dopo circa due mesi, si fora il recipiente e viene fuori il garum salsa di sangue.

Note:

  1. Apicio, De re Coquinaria, libro I, XVII: Oenogarata in tubera: pepe, ligustico, coriandolo, ruta, garum, miele, vino e un poco d’olio.
  2. Idem, libro VII, III: In ficato oenogarum: Pepe, timo, ligustico, garum, un poco di vino e olio.
  3. Idem, libro X, 11-12: In pisce oenogarum: Pesta pepe, ruta, mescola col miele, vino passito, garum, mosto cotto. Fai cuocere a fuoco molto basso.
  4. Idem, libro I, II 1; 2; 5: Esicia plena – Idrogarata esicia – Esicium simplex.
  5. Idem, libro I, XX: Oxygarum digestibilem – I, XVII: Oxyporum
  6. Geoponica, libro XX, 46, 3: Βιθυνοὶ δὲ κατασκευάζουσιν οὕτως: λαμβάνεις κάλλιον μὲν εἰ μαινίδας μικπὰς ἢ μεγάλας, εἰ δὲ μὴ, λυκοστόμους, ἢ σαύρους, ἢ σκόμβρους, ἢ καὶ ἄλικα, καὶ πάντων μίγμα, καὶ βαλεῖς αὐτὰ εἰς μαγίδα ἀρτοκοπικήν, ἐν ἢ εἰώθασι φυρᾶν τὸ ἄλευρον, καὶ εἰς τὸν μόδιον τὸν ἰχθύων ὰλὸς ξέστας βʹ Ἰταλικοὺς βαλὼν ἀναφύρασον, ὡς συγκραθῆναι τοῖς ἁλσί: καὶ ἐάσας ἐπὶ νύκτα μίαν βάλε ἐπὶ κεράμιον ἀπώμαστόν τε τίθει ἐν ἡλίῳ ἐπὶ μῆνας βʹ ἢ γʹ δονῶν αὐτὸ ῥάβδῳ ἐκ διαστημάτων, εἶτα λαβών καὶ πομάσας ἀποτίθεσο. τινὲς δὲ καὶ οἴνου ἐμβάλλουσιν παλαιοῦ εἰς τὸν ξέστην τῶν ἰχθύων ξέστας βʹ.
  7. Idem, libro XX 46, 5: Εἶτα εἰ βούλει εὐθέως χρήσασθαι τῷ γάρῳ, τουτέστι τοῦ μὴ ἡλιάσαι αὐτὸ ἀλλ’ἑψῆσαι, ποιήσεις οὕτως. ἅλμης στακτῆς δεδοκιμασμένης, οὕτως ὡς ὠὸν ἐμβληθὲν ἐπιπλεῖν (ἐὰν δὲ βυθίζεται οὔπω ἔχει ἄλας τὸ ἁρκοῦν), εἶτα βαλὼν εἰς τὴν ἅλμην τὸν ἰχθὺν ἐν κύθρᾳ καινῇ, καὶ ἐμβαλὼν ὀριγάνου, ἐπιτίθει πυρὶ αὐτάρκει, ἕως ἂν ἑψηθῇ, τουτέστιν ἕως ἂν ἄρξηται κἂν ὀλίγον ἀποποιεῖν: τινὲς καὶ ἕψημα προσβάλλουσιν: εἶτα ψυχθὲν βαλὼν εἰς ὑλιστῆρα καὶ δεύτερον καὶ τρίτον ἐπίῤῥιπτε τὸ αὐτὸ τῷ ὑλιστῆρι, ἕως ἂν καθαρὸν ἐκβῇ, καὶ πωμάσας ἀποτίθεσο.
  8. Idem, libro XX, 46, 6: Τὸ δὲ κάλλιον γάρος, τὸ καλούμενον αἱμάτιον, οὕτω γίνεται. λαμβάνεται τὰ ἔγκατα τοῦ θύννου μετὰ τῶν ἐμβραγχίων καὶ τοῦ αἵματος, καὶ πάσσεται τὸ ἀρκοῦν ἃλας: καὶ ἐάσας ἐν τῷ ἀγγεῖῳ, καὶ μετὰ μῆνας βʹ τὸ πολύ, τρυπᾷς τὸ ἀγγεῖον, καὶ ἐξέρχεται γάρος τὸ καλούμενον αἱμάτιον.
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