Una cosa che stupisce è che sebbene Apicio includa il liquamen nella maggior parte delle sue ricette, non si trova nel De re coquinaria una precisa indicazione su cosa tale liquamen sia, nessun accenno alla sua preparazione. La grande competenza di Apicio nella materia culinaria non mi porterebbe minimamente a pensare che egli usasse così frequentemente il garum senza avere idea di cosa fosse, un po’ come una massaia che usi spesso del dado nelle sue preparazioni senza sapere di cosa si tratti. Omissione involontaria? Grave sottinteso per noi moderni? Irreparabile danno della lunga tradizione manoscritta? Non è dato sapere.
Notizie circa la preparazione del liquamen ci vengono fornite ancora una volta da Plinio (1) , che nel capitolo 95 seguita così:
Oggi il garum più pregiato si ottiene dallo sgombro negli allevamenti di Cartagine Spartaria: è chiamato garum dei Soci, con mille sesterzi se ne comprano quasi due congi. Nessun liquido, ad eccezione dei profumi, inizia ad avere prezzo maggiore, anche tra i popoli di un certo rango. Anche la Mauretania e la Carteia della Betica catturano gli sgombri che provengono dall’Oceano, e che non sono utili ad altro. Sono celebri per il garum anche Clazomene, Pompei e Leptis: così come per la salamoia (muria) Antipoli e Turi, e in verità anche la Dalmazia
Se un tempo era usato quel misterioso pesce chiamato garos, ai tempi di Plinio, ovvero nel I secolo a.C., si usavano gli sgombri, che, da come ci viene riferito, non avevano altri usi oltre la produzione della salsa di pesce di prima qualità. La notizia di questa intensa pesca, produzione e commercio di garum ci è confermata anche dal geografo greco Strabone (2), il quale riferisce :
Vi è poi l’isola di Ercole appena dietro Cartagine, che è detta Sgombraria per la cattura degli sgombri, dai quali si ricava il garum migliore…
Questa industria costituiva una ricca fonte di guadagni specialmente per quelle città che si trovavano nei pressi dello stretto di Gibilterra, che intercettavano gli sgombri che entravano nel Mediterraneo dall’Atlantico: sulle coste della penisola iberica e del Marocco ancora sono visibili resti di fabbriche di garum, e specialmente dei grandi recipienti seminterrati in terracotta, detti dolia, in cui avveniva la macerazione del pesce.
Ma importanti spunti sulla preparazione del garum vengono offerti nei Geoponica (3) , ovvero una raccolta in 20 libri di agronomia, compilati in greco intorno al 950 sotto l’imperatore Costantino Porfirogenito, ma la cui compilazione originaria risale al VI secolo ed è basata sull’opera di Cassiano Basso. Proprio alla conclusione del ventesimo e ultimo libro, che è dedicato all’allevamento dei pesci, l’autore scrive:
Preparazione del garum. La salsa chiamata liquamen si prepara così. Le interiora dei pesci vengono adagiate in un recipiente e salate: piccoli pesci, e soprattutto eperlani, o piccole triglie, menole, acciughe, o qualunque sembrassero essere piccoli, tutto viene ugualmente salato e messo a macerare al sole, rimestando frequentemente. Quando saranno macerati col calore, il garum si ricava da quelli così: si immerga un grande cesto fitto nel recipiente pieno dei suddetti pesci, e il garum si raccoglie dentro al cesto, e così quello che è chiamato liquamen filtra e viene raccolto: ciò che rimane è l’allec
Una ricetta, quella che troviamo nelle Geoponiche, particolareggiata anche per quanto riguarda i tipi di pesce usati e per quanto riguarda la metodologia usata per filtrare il garum e separarlo dalla parte solida, parte solida non priva di impieghi e di cui si dirà.
Un’altra preziosa testimonianza sulla preparazione del garum è presente nel codice Sangallensis 762, risalente al X secolo, il quale contiene degli estratti della Medicina Plini, opera di un anonimo compilatore di ricette mediche del IV secolo d.C., così chiamata in quanto ha come fonte soprattutto Plinio il Vecchio. L’estratto in questione è stato attribuito allo scrittore latino del III secolo d.C. Gargilio Marziale nell’edizione della Medicina fatta dal Rose nel 1875, ma elementi quali lo stile inducono a dubitare di tale attribuzione. L’estratto in questione specifica nel titolo che la ricetta fornita è quella dell’oenogarum, ma a differenza di quanto fa Apicio, vengono date primariamente ottime indicazioni sulla preparazione del garum. Addirittura la ricetta fornita è quella che pare essere la più completa e particolareggiata, in quanto vengono specificati i tipi di pesce da usare, i tipi di erbe aromatiche e molte altre utili indicazioni. Alla ricetta del garum segue quella dell’oenogarum, che ovviamente richiede il primo come ingrediente base.
Preparazione della salsa detta oenogarum.
Si prendono pesci grassi, come lo sono salmoni, anguille, alose, sardine e aringhe, e con questi pesci e con erbe aromatiche secche si prepari questo composto insieme al sale. Si predispone un vaso solido e ben peciato della capacità di due o tre moggi, poi si prendono delle erbe aromatiche secche odorose sia di orto che di campo, come ad esempio aneto, coriandolo, finocchio, sedano, santoreggia, salvia, ruta, menta, sisimbro, ligustico, puleggio, timo, origano, bettonica, agrimonia e con queste si fa, prima di tutto, uno strato sul fondo del vaso. A questo punto si fa un altro strato coi pesci, interi se sono piccoli, tagliati a pezzi se grandi. Sopra questo si fa un terzo strato di sale, alto due dita. In questo modo si deve riempire il vaso fino all’orlo alternando sempre questi tre strati di erbe, pesce e sale; quindi il vaso va chiuso con un coperchio e così lasciato a riposare per sette giorni. Trascorsi questi, per i venti giorni seguenti questa preparazione deve essere mescolata fino al fondo del vaso con un bastone di legno fatto a forma di remo, due o tre volte al dì. Passati i venti giorni, il liquido prodotto da questo miscuglio viene raccolto e con esso si può ottenere o il liquamen o l’oenogarum, con questa ulteriore preparazione. Si prendono due sestari di questo liquido e si mescolano a mezzo sestario di vino buono, quindi si aggiunge a questo composto un mazzetto di ciascuna di queste quattro erbe aromatiche secche, ovvero aneto, coriandolo, santoreggia e salvia. Si aggiunge anche un pugnetto di seme di fieno greco e, fra le spezie, trenta o quaranta grani di pepe, tre denari di costo, la stessa quantità di cannella e di garofano. Le spezie vanno mescolate al liquido macinate finemente. Quindi questo composto va cotto in un recipiente di ferro o di bronzo fino a che si riduca alla quantità di un sestario. Tuttavia, prima che cuocia del tutto, occorre aggiungere mezza libra di miele schiumato. Quando il tutto si sarà ridotto, deve essere filtrato come i decotti fino a diventar limpido, ma deve essere versato nel filtro ancora bollente. Una volta filtrato e raffreddato, si conserva in un vaso ben peciato per condire le pietanze.
Note
- Plinio, libro XXXI, 95: Nunc e scombro pisce laudatissimum in Carthaginis Spartariae cetariis: Sociorum id appellatur, singulis millibus nummum permutantibus congios fere binos. Nec liquor ullus paene praeter unguenta maiore in pretio esse coepit, nobilitatis etiam gentibus. Scombros quidem, et Mauretania Baeticaeque Carteia, ex Oceano intrantes capiunt, ad nihil aliud utiles. Laudantur et Clazomense garo, Pompeiique et Leptis: sicut muria Antipolis ac Thurii, iam vero et Dalmatia.
- Strabone, Geografia, libro III, cap 4,6: Εἶθ’ἡ τοῦ ῾Ηρακλέους νῆσος ἤδη πρὸς Καρκηδόνι, ἢν καλοῦσι Σκομβραρῖαν ἀπὸ τῶν ἁλισκομένων σκόμβρων, ἐξ ὧν τὸ ἄριστον γάρον…
- Geoponica, libro XX, cap 46: Γάρων ποίησις. Τὸ καλούμενον λικουάμεν οὕτω γίνεται. τὰ ἔγκατα τῶν ἰχθύων βάλλεται εἰς σκεῦος, καὶ ἁλίξεται: καὶ λεπτὰ ὀψαρίδια, μάλιστα δὲ ἀθερίναι, ἤ λεπτὰ τριγλία, ἤ μαινίδια, ἤ λυκόστομοι, ἤ ὁ ἂν δόξῃ λεπτὸν εἶναι, πάντα ὁμοίως ἁλίζεται, καὶ ἐν ἡλίῳ ταριχεύεται πυκνῶς δονούμενα. ὅταν δὲ ταριχευθῇ τῇ θερέᾳ, ἐξ αὐτῶν γάρος οὕτως αἴρεται. κόφινος μακρὸς πυκνὸς ἐντίθεται εἰς τὸ μεστὸν ἀγγεῖον τῶν προειρεμένων ὀψαρίων, καὶ εἰσρεῖ τὸ γάρος εἰς τὸν κόφινον, καὶ οὕτω διὰ τοῦ κοφίνου διηθηθὲν τὸ καλούμενον λικουάμεν ἀναιροῦντα: τὸ δὲ λοιπὸν πάτημα γίνεται ἄλιξ
- Confectio liquaminis quod oenogarum vocant. Capiunt pisces natura pingues, ut sunt salmones et anguillae et alausae et sardinae et aringi, et fit ex eis atque ex herbis odoratis aridis cum sale compositio talis. Praeparatur vas solidum ac bene picatum capax trium vel quattuor modiorum, sumunturque herbae aridae bene olentes tam de horto quam de agro, utputa anetum coriandrum feniculum apium satureia sclareia ruta menta sisymbrium ligusticum puleium serpillum origanum vettonica argemonia, et ex his in fundo vasis primum ordo consternitur. Tum ex piscibus si minores fuerint integris, si maiores in frusta concisis alter ordo componitur. Super hunc tertius ordo salis binos digitos altus adigitur. Atque in hunc modum his tribus herbarum et piscium salisque ordinibus supra invicem alternantibus vas est usque ad summitatem implendum, tum addito operculo claudendum atque ita per dies semptem dimittendum. Quibus transactis per continuos viginti dies cottidie bis vel ter palo ligneo in modum remi formato compositio ista usque ad fundum est commovenda. Quibus expletis liquor qui de hac compositione defluxit colligitur atque in hunc modum ex eo liquamen vel oenogarum conficitur. Sumuntur huius liquoris sestarii duo et cum dimidio boni vini sestario commiscentur, tum quattuor herbarum aridarum singuli manipuli in hanc mixturam coiciuntur, aneti videlicet et coliandri et satureiae atque sclareiae. Faeni graeci quoque seminis pugillus unus adigitur., et de aromatibus piperis grana triginta vel quadriginta, costi pondo denari tres, cinnami similiter, caryophylli similiter. Haec minute contrita eidem liquori permiscentur. Tum vel in ferreo vel in aereo vase compositio haec tam dium coquenda est quousque ad unius sestarii mensuram perveniat. Prius tamen quam percoquatur mellis despumati selibram in eam adici oportet. Quae cum percocta fuerit more potionum per saccum colari debet usque ad claritatem, fervens tamen sacco infundenda est. Eliquata vero et refrigerata in vaso bene picato servatur ad obsonia condienda.