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    Randall
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    Leggetevi questo editoriale di Galli della Loggia, un capolavoro. Dopo solo 20 righe di sottomissione a Tremonti (come é umano lei) si azzarda in una critica, ma notate anche la parte in neretto che sancisce secondo della Loggia che un Ministro é scusato se taglia sulla base di simpatie-antipatie personali.

    Professor Tremonti, ci ripensi
    (forse così può salvare la cultura)
    Faccia vedere che anche un governo di destra può avere a cuore le sorti del cinema, dei musei, delle biblioteche

    I TAGLI E LE PROTESTE

    Professor Tremonti, ci ripensi
    (forse così può salvare la cultura)

    Faccia vedere che anche un governo di destra può avere a cuore le sorti del cinema, dei musei, delle biblioteche

    Mi riesce difficile capire come sia possibile che una persona della qualità del ministro Tremonti non si renda conto che il modo in cui sta sottraendo risorse alle attività e ai beni culturali porta virtualmente l’Italia alla rovina. Non è un’esagerazione. Almeno quella parte antica o antichissima del Paese che viene dal nostro passato sta infatti andando letteralmente a pezzi o precipitando in un’incuria che finirà ineluttabilmente per cancellarla. Caro professore, ci ripensi.

    Confesso di nutrire simpatia per il ministro Tremonti. In un Paese di «piacioni» e di politici falsamente alla mano, il suo atteggiamento sempre un po’ ironico, quando addirittura non sprezzante, la sua incontenibile propensione a infischiarsene del bon ton democratico, e viceversa a salire in cattedra (impartendo lezioni di solito tutt’altro che stupide), sono cose apprezzabili. Insomma, oltre che simpatia ho anche stima del professor Tremonti.

    Proprio per questo mi riesce difficile capire come sia possibile che una persona della sua qualità non si renda conto che il modo in cui sta sottraendo risorse alle attività e ai beni culturali porta virtualmente l’Italia alla rovina. Non è un’espressione esagerata, questa. Almeno quella parte antica o antichissima del Paese che ci viene dal nostro passato (gli edifici, il patrimonio delle biblioteche e dei musei, le aree archeologiche) sta infatti andando letteralmente a pezzi o precipitando in un’incuria che finirà ineluttabilmente per cancellarla. Così come si sta restringendo progressivamente la nostra possibilità di fare musica, teatro, cinema. Non si tratta di ambiti separati. Alla fine la cultura – vale a dire ciò che fa l’uomo più umano – è infatti una cosa sola. Tra gli Uffizi e Cinecittà, tra la Scala e un museo di strumenti musicali, tra la Biblioteca Marciana e il Teatro greco di Taormina, esiste una corrispondenza misteriosa, un dialogo segreto attraverso i secoli che, allacciatisi in queste contrade, hanno prodotto risultati ineguagliati. E che noi, italiani di questa generazione, dobbiamo sentire la responsabilità di non interrompere. Invece – come ha detto Andrea Carandini annunciando l’altro ieri le sue dimissioni dalla presidenza del Consiglio superiore dei Beni culturali – «una parte del Paese sta affondando se stessa».

    Sono sicuro che Giulio Tremonti tutte queste cose le sa bene. Ed è la ragione che mi spinge a vincere quel timore di apparire patetico da cui si è irresistibilmente presi quando si parla di certe cose ad un politico italiano. «Sai che ci capisce e che gliene importa», uno pensa subito. Invece credo che Tremonti capisca, e che in un modo e in una misura che non conosco gliene importi anche. Ma i numeri sono contro di lui: a cominciare dagli ulteriori 77 milioni (27 allo spettacolo, 50 a tutto il resto) tolti negli ultimi giorni alla dotazione del ministero dei Beni culturali. Cifre inquietanti a cui ne aggiungo solo pochissime altre, rimandando al libro dei nostri Stella e Rizzo, Vandali, chi volesse avere un panorama più completo e agghiacciante del disastro. Basti dire, dunque, che i fondi attualmente a disposizione del suddetto ministero ammontano appena allo 0,21 per cento dell’intero bilancio dello Stato (erano lo 0,34 solo pochi anni fa). Per la tutela dell’intero patrimonio storico-archeologico-artistico il nostro Paese stanzia la cifra ridicola di 50 milioni di euro (il Louvre da solo ne impegna 227!). Siamo arrivati al punto che sempre a scopo di tutela l’amministrazione italiana è ridotta a impiegare un archeologo ogni 34 kmq di terreno archeologico (per i circa 50 ettari di Pompei c’è un solo archeologo), e uno storico dell’arte o un architetto ogni 57 edifici tutelati. In complesso, a causa del mancato rimpiazzo, l’amministrazione dei Beni culturali vede oramai il proprio personale tecnico, amministrativo e di sorveglianza diminuire ogni anno di circa 800 unità.

    Chiedo a Tremonti: dobbiamo proprio rassegnarci a questa situazione? Come italiano, lui si rassegna? Gli pare ammissibile? Glielo chiedo in tutta sincerità, non retoricamente. E glielo chiedo immaginando bene, tra l’altro, tutte le ragioni di fastidio o addirittura di cordiale antipatia che uno come lui può nutrire per il mondo che gravita intorno alla cultura: è perlopiù, infatti, un mondo popolato di gente quasi tutta di sinistra – spesso, per giunta, di quella più conformista, ipocrita e doppiopesista che ci sia; è un mondo abituato a spendere infischiandosene disinvoltamente della risposta del pubblico e della tenuta dei conti; è un mondo, infine, pervaso da un bieco corporativismo sindacale. Tutto vero (almeno in parte. E almeno secondo me). Ma proprio per questo mi viene da dire: gli faccia un dispetto, professor Tremonti, a questo mondo. Gli faccia vedere che anche il ministro di un governo di destra può avere a cuore le sorti del cinema, dei musei, delle biblioteche. Cerchi di fare qualcosa. Dopotutto, le assicuro, ci sono anche gli italiani non di sinistra, i quali proprio tutti analfabeti non sono. E poi alla fine, se proprio non bastasse, c’è l’Italia: il cui interesse, se ben ricordo, lei dovrebbe aver giurato di difendere.

    Ernesto Galli della Loggia
    16 marzo 2011

    “Gli faccia un dispetto ministro…gli faccia vedere…” e poi portiamoci via la palla…

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