Guida all’uso del vocabolario di latino – 1

In questo articolo:

  • Le abbreviazioni
  • Come risalire al lemma

LE ABBREVIAZIONI

Nelle prime pagine del dizionario è fornito l’elenco delle abbreviazioni, il quale è comunque consigliabile conoscere a memoria per una più rapida consultazione dei lemmi. Di fondamentale importanza sono le indicazioni della categoria grammaticale:

  • agg. = aggettivo;
  • s. o sost.= sostantivo;
  • pron. = pronome;
  • v.= verbo;
  • congiunz. = congiunzione;
  • avv. = avverbio;
  • inter. = interiezione;
  • prep. = preposizione;

del genere:

  • f. o femm. = femminile;
  • m. o masch. = maschile;
  • n. = neutro;

e del numero:

  • sing. = singolare;
  • pl. = plurale.

Ricordiamo a tal proposito che in latino l’articolo non esiste, come pure le preposizioni articolate.

COME RISALIRE AL LEMMA

Per potere trovare sul vocabolario un termine latino è poi necessario ricordare che le parti invariabili (congiunzione, avverbio, interiezione, preposizione) vi compaiono nella forma in cui si incontrano nel testo, mentre per quelle variabili sarà necessario mutare la desinenza (e talvolta il tema) per potere trovare il lemma.

In particolare si ricorda che per i nomi è necessario risalire al nominativo singolare, per gli aggettivi al nominativo maschile singolare.Similmente si dovrà risalire al nominativo singolare per i pronomi, mentre per i verbi si dovrà risalire al presente indicativo, prima persona singolare.

L’operazione non è immediata, poiché gli avverbi presentano spesso terminazioni simili a quelle dei sostantivi, in quanto derivano da antichi casi cristallizzatisi. Anche per altre categorie si può presentare lo stesso problema. Dopo qualche settimana o mese di allenamento sarà però possibile riconoscerli a colpo d’occhio; per i principianti si consiglia di studiare gli avverbi e le congiunzioni più frequenti a memoria, nonché le interiezioni ed i pronomi; spesso si dovrà comunque verificare sul vocabolario.

Esempio:

Nunc autem, quantumvis essent omnes ingenui et aperti, nec ulla nobis unquam dubia pro veris obtruderent, sed cuncta exponerent bona fide, quia tamen vix quicquam ab uno dictum est, cujus contrarium ab aliquo alio non afferatur, semper essemus incerti, utri credendum foret.

Nel brano riportato sono stati evidenziati gli elementi la cui terminazione può far pensare ad una declinazione; in mancanza di una conoscenza degli stessi il controllo sul vocabolario scioglierà eventuali dubbi.

Poniamo ora che si cerchi bona nella forma in cui è stato trovato nel testo: il vocabolario confermerà che non si tratta di categoria invariata.

La conoscenza delle cinque declinazioni e delle due classi di aggettivi farà sospettare allora che possa trattarsi di un femminile singolare o di un neutro plurale; si risalirà allora al nominativo della declinazione o classe sospettata (se l’intuizione non permette di scartarne a priori alcune, si dovrà procedere con tutte le classi e declinazioni possibili).

Supponendo che possa trattarsi di sostantivo della prima declinazione, si cercherà BON-A, AE; il vocabolario permetterà di scartare questa ipotesi. Sospettando un sostantivo neutro, si proverà allora con il nominativo della seconda declinazione: bon-a, si toglierà la desinenza, ottenendo bon-, si aggiungerà la desinenza del nominativo –um e si cercherà BONUM, che verrà confermato dal vocabolario: “il bene”.

Nel caso in cui il termine all’interno del contesto di traduzione non abbia senso, si dovrà sospettare l’esistenza di un aggettivo derivato dal sostantivo ed essendo gli aggettivi registrati sotto il maschile singolare, si cercherà di risalire a questo; sospettando un aggettivo della prima classe, si riprenderà il tema bon– e si aggiungerà –us; il vocabolario confermerà BONUS, A, UM. Si noti che –a è desinenza anche verbale e che se la ricerca in categorie quali aggettivo e sostantivo non hanno dato esito, si dovrà procedere con l’ipotesi del verbo.

Naturalmente un’operazione di questo tipo condotta in maniera meccanica risulterebbe improba per il tempo necessario, ma l’intuito e l’allenamento permetteranno di scartare alcune ipotesi a priori, intuendo per esempio se il contesto richiede un sostantivo, un aggettivo o un verbo.

Prendiamo ora il caso di un verbo: exundabat. Si desidera risalire al presente indicativo; la terminazione -t indica una terza persona singolare, l’infisso –ba– indica l’appartenenza all’imperfetto indicativo, che si costruisce sul tema del presente (tema+ba+desinenze personali).

Si toglierà quindi la desinenza e l’infisso, risalendo al tema exunda-. La vocale tematica –a rivelerà l’appartenenza alla prima coniugazione; la prima persona del presente indicativo si costruisce con l’unione del tema alla desinenza personale; aggiungendo quindi al tema ottenuto la desinenza della prima persona singolare –o si otterrà exundao, la quale rappresenta l’antica prima persona del presente indicativo; ricordando però che per la prima coniugazione nel latino classico cade la vocale tematica, si risalirà alla corretta voce da cercare che è exundo. Il vocabolario confermerà exundo, as, avi, atum, are.

Naturalmente esistono anche verbi irregolari e casi in cui il tema del presente cambia rispetto a quello del perfetto, come per ago, agis, egi actum, agere. (Si ricorda che le cinque voci del paradigma indicano rispettivamente la prima e seconda persona singolare del presente indicativo, la prima del perfetto, il supino e l’infinito, il quale ultimo fornisce anche l’indicazione della coniugazione di appartenenza). In un caso come questo, dovendo risalire dal perfetto al presente indicativo, sarà d’aiuto il vocabolario che riporta la voce egi che rinvia al presente indicativo ago. Per casi più complessi si rimanda allo studio della grammatica, che riporta le coniugazioni dei verbi meno prevedibili (ad es. volo, nolo e malo).

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