Bisanzio e la continuità, presunta, con Roma

[Gabriele]

Ciao a tutti,
mi sono già presentato nella sezione apposita, ma per introdurre questo nuovo argomento, forse è bene aggiunga qualcosa su di me. Come campo di studi storici preferito, non ho scelto il momento “d’oro” di Roma, ossia quel periodo che va dal III secolo avanti Cristo, all’inizio del II d.C., che tradizionalmente si fa terminare con la fine del regno di Traiano. Infatti ho scelto un periodo ben più inquietante… Il IV secolo e poi via via, fino a Bisanzio, con un lento incedere fino al 1204, quando più l’ormai imminenza dell’epoca moderna, che il declino del regno greco, mi fa perdere a sua volta interesse per il periodo successivo.
Ma i secoli centrali per la indagine, che spero potrà diventare un giorno campo di ricerca (magari accademico), è senz’altro tra il IV e VII al più tardi.
Che cosa significa questo, che “amo” questo periodo, che lo consideri “aureo” nientemeno, come fanno tanti professori e storici revisionisti? Ma neanche per idea…
So bene cosa devo amare e cosa odiare, cosa ritengo sia “giusto” affinché un popolo possa considerarsi libero e forte, cosa invece lo rendea decadente e debole. E proprio da qui parte la mia indagine, il volerlo dimostrare, che Gibbon e gli illuministi, dopotutto, non avevano torto, e le ulteriori prove, archeologiche e le reintepretazioni letterarie, semmai rafforzano quella visione, pur mutuando alcuni aspetti.

Oggi, dire che una caratterizzazione etnica faceva dell’impero orientale quello che era, ossia debole e debosciato in guerra, più incline a pagare la pace, che a conquistarsela, che è per via delle convinzioni tipicamente orientali, che una monarchia oscenamente teocratica ed assoluta, abbia potuto insistere col noome romano per tanto tempo in tanti luoghi, è impossibile. Non tanto perché si passa per razzista, quanto perché lo si ritiene scientificamente inaccettabile. Anche su questo, ci sono vasti esempi in cui potrei dimostrare cosa è scientificamente accettabile e cosa no, e sovvertirei le convinzioni odierne, che, sono certo, cambieranno anche in futuro, come è normale. Le scienze umanistiche infatti non sono scienze esatte come la matematica o la fisica. Si scrivono e si riscrivono, a seconda della temperia culturale del momento storico.
Non voglio comunque allungare troppo questo incipit, che rischierebbe solo di allontanare eventuali lettori, la discussione che vorrei proporre è infatti cosa ne pensano, dei fieri sostenitori della tradizione romana, che io credo, identifichiate come me in quella classica repubblicana, al massimo altoimperiale, di Bisanzio, delle sue strutture, istituzioni, credenze, del suo popolo. Non dimentichiamo infatti che mentre in Italia si perdeva l’uso del nome romano, e gli italiani erano tutti “lombardi”, in oriente continuarono a lungo a chiamarsi e a sentirsi Romaioi, Romani. Se l’impero non fosse caduto nel 1453, oggi ci sarebbe un preteso impero universale romano. I sultani turchi del resto adottarono il titolo di Cesare dei Romani e lo tennero fino al 1922, e questo nonostante un regno d’Italia fosse già in essere da più di 50 anni con Roma capitale. Ora, a parte le necessità contingenti che spesso bloccano o agevolano un’azione, è chiaro che, chiunque rivendichi un titolo simile, potendo, avendo cioè, l’opportunità e le forze, rivendichi Roma e tutta l’Italia. La Turchia non poteva farlo attivamente mentre noi riunivamo l’Italia nel Risorgimento, ma lo fece nel XV e XVI secolo. E lo avrebbe fatto anche la rinata Grecia, se nel 1830, a mio parere giustamente, non avesse rifiutato il passato bizantino e si fosse invece riallacciata alla Grecia classica, benché il suo nuovo re si facesse chiamare costantino XII senza soluzione di continuità (a parte 4 secoli di “vacanza”) con l’ultimo dei basilei paleologhi.

[shappat]

Riporto qui dal sito di Rrepubblica un articolo che parla di un interessantissimo rinvenimento:

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