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  • #11407
    zzzggg
    Partecipante

    Le premesse sono già presenti nell’argomento “lavoro sul satyricon”. Mi permetto di ometterle. Aggiungo che quando pongo il segno “/” significa che non so decidermi tra due possibili traduzioni.

    TESTO
    2 «Qui inter haec nutriuntur,non magis sapere possunt quam bene olere qui in cucina habitant. [2] Pace vestra liceat dixisse, primi omnium eloquentiam perdidistis. Levibus enim atque inanibus sonis ludibria quaedam excitando effecistis ut corpus orationis enervaretur et caderet. [3] Nondum iuvenes declamationibus continebantur, cum Sophocles aut Euripides invenerunt verba quibus deberent loqui. [4] Nondum umbraticus doctor ingenia deleverat, cum Pindarus novemque lyrici Homericis versibus canere timuerunt. [5] Et ne poetas solum ad testimonium citem, certe neque Platona neque Demosthenen ad hoc genus exercitationis accessisse video. [6] Grandis et, ut ita dicam, pudica oratio non est maculosa nec turgida, sed naturali pulchritudine exsurgit. [7] Nuper ventosa istaec et enormis loquacitas Athenas ex Asia commigravit animosque iuvenum ad magna surgentes veluti pestilenti quodam sidere adflavit, semelque corrupta regula eloquentia stetit et obmutuit. Ad summam, quis postea Thucydidis, quis Hyperidis ad famam processit? Ac ne carmen quidem sani coloris enituit, sed omnia quasi eodem cibo pasta non potuerunt usque ad senectutem canescere. Pictura quoque non alium exitum fecit, postquam Aegyptiorum audacia tam magnae artis compendiariam invenit.»

    TRADUZIONE
    2 «Chi viene nutrito con roba simile, non può avere gusto più fine di quanto può esalare un buon odore chi stà sempre in cucina. [2] Con vostra buona pace, lasciatemelo dire: siete voi per primi ad aver rovinato l’eloquenza. Voi che, con toni leggeri e senza sostanza volti solo a creare qualche gioco di parole, avete snervato il corpo del discorso facendolo crollare a terra. [3] I giovani non erano ancora impegolati nelle declamazioni, quando Sofocle ed Euripide ?fondarono il modello di lingua con cui esprimersi/ seppero trovare le parole giuste per esprimersi?. [4] Il maestro vissuto all’ombra della scuola non aveva ancora fatto strage di ingegni, quando Pindaro e i nove lyrici ?timuerunt? a cantare ?in versi omerici?/ rinunciarono a cantare sui ritmi di Omero.? [ 5] e per non limitarsi ?a citare/ ad offrire la testimoianza(x tradurre sia cito che testimonium)? i poeti, ?posso dire/a quanto ne so?di certo né Platone né Demostene si sono mai accostati a esercitazioni di questo tipo. [6] La grande e, per così dire, casta/onesta eloquenza non è macchiata di trucco ne scade nel gonfio, ma si erge nella sua naturale bellezza. [7] Non è molto che questa loquacità ?ampollosa/inconcludente? e smodata dall’Asia si è trasferita ad Atene e ha ?alitato/influenzato? (su)gli animi dei giovani, che puntavano a grandi mete, come un ?astro pestifero? E, una volta corrotti i principi, l’eloquenza ?rimase immobile/impietrì? e ammutolì. [8] Dopo di allora chi si è elevato/ha eguagliato ?ai livelli di fama ?di Tucidide, di Iperide e nemmeno la poesia ebbe più un bel colore salutare, ma tutte le opere, come se fossero nutrite dallo stesso cibo, non sono riuscite ad invecchiare fino ad avere i capelli bianchi. [9] Anche la pitturà ebbe lo stesso destino, dopo che l’impudenza degli egittizzanti trovò una scorciatoia per un’arte tanto grande.

    COMMENTO
    2.1
    Bene olere qui in culina habitant: espressione proverbiale.

    2.2
    Dixisse: perfetto con valore gnomico.

    Corpus orationis: il nesso corpus eloquentiae è attestato anche in Quintiliano (Inst, X, I, 87).

    2.3
    Deberent loqui: forma perifrastica per esprimere il futuro come cosa predestinata.

    2.4
    Umbraticus: questa espressione definisce polemicamente la dottrina che si sviluppa esclusivamente all’interno delle scuole, all’ombra dei porticati, senza alcun contatto con la realtà. Tale polemica, condotta con termini simili, la ritroviamo anche in Cicerone, Orat. 64, De Orat. 1,157, Brut 37 e in Quintiliano, Inst. 1,2,18

    2.4
    Pindarus novemque lyrici: Allusione tipicamente scolastica ai lirici che costituiscono il canone alessandrino accolto, tra gli altri, da Dionigi d’Alicarnasso (Περί μιμήσεως 420 sgg.) e Quintiliano (Inst., X, I, 61): Alceo, Alcmane, Anacreonte, Bacchilide, Ibico, Saffo, Simonide, Stesicoro. Anche Pindaro rientrerebbe in questa lista ma si distingue per importanza, e per questo Petronio lo cita separatamente. Quest’autore godette di un grande prestigio nella cultura latina a partire da Cicerone. Questo prestigio venne confermato all’epoca di Mecenate e, più tardi, nel circolo di Messalla Corvino.

    2.5
    Neque..neque: nel periodo imperiale questa forma è considerata più letteraria rispetto a nec.

    2.6
    Maculosa nec turgida: corpo umano e retorica sono spesso messi in rapporto in autori greci e latini. E proprio in questi termini si può giustificare l’utilizzo di questi aggettivi in Petronio, inconsueto in altri autori, in realzione alla declamazione.

    2.7
    Ventosa…commigravit: allusione allo stile asiano, il cui primo rappresentante di un certo valore fu, nel III a.C., Egesia di Magnesia (prima di lui c’era stato Carisio, suo maestro). In questo passo si parla dell’influenza di questo stile su quello attico, legato alla città si Atene. Nella realtà non fu lo stile asiano ad irradiarsi ad Atene ma, al contrario, fu lo stile attico a diffondersi in Asia.

    2.8
    Sani coloris: l’aggettivo sanus è frequentemente messo in relazione con l’oratoria (Cicerone, Brut., 13, 51; 55, 202; Orat., 28, 29; de opt. gen. orat., 3,8). Anche il termine color è ampiamente attestato in relazione all’orazione, come dimostrano vari passi di Cicerone ( De oratore III 25,96; III 52,199; Brutus 298) e Quintiliano (IV 2, 88).

    2.9
    Aegyptiorum…artis compendiariam: la questione del significato di questa espressione è molto spinosa. Plinio (Nat. Hist.35, 110) ci dice che l’artista Filosseno d’Eretria (anche se probabilmente bisogna rifarsi al suo maestro, Nicomaco, IV sec. a.C) inventò le compendiariae in pittura, ma non spiega in cosa consistono. Probabilmente si tratta di scorciatoie finalizzate a velocizzare l’esecuzione, come un repertorio fisso di schemi figurativi. Encolpio allude, forse, al terzo stile pompeiano (20-45 d.C.), che aveva semplificato gli schematismi architettonici dello stile precedente, riducendo il numero delle figure nelle scene inserite al centro delle pareti, ripartendole secondo schemi fissi e mostrando una curiosa predilezione per soggetti egizi. Petronio che, come dimostrato nell’episodio della pinacoteca, è, in fatto di arti figurative, un classicista, polemizza per bocca di Encolpio contro questa nuova tendenza artistica.

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