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  • #11623
    Randall
    Partecipante

    E cosí dopo Papi, siamo alle comiche finali.

    La Lega chiede nientepopodimenoche di sostituire l’inno nazionale con qualcosa d’altro, di mettere le bandiere regionali e di insegnare nelle nostre scuole dell’obbligo, giá pesantemente tagliate, il dialetto.

    Mi immagino i nostri ragazzi che potranno finalmente competere nel mondo parlando veneto e lombardo, marchigiano e romano, siculo e calabrese invece del vecchio e anacronistico inglese e tedesco.

    Finalmente discutiamo di cose serie 😀
    Finalmente sento che i miei soldi pagati in tasse per dare uno stipendio a questi parlamentari sta venendo usato per ALTE questioni che toccano la collettivitá TUTTA in un momento di grande bisogno dovuto alla crisi.

    ciao

    #13513
    Dema
    Partecipante

    L’insegnamento dei dialetti, che vanno sensibilmente scomparendo, è una cosa assai meno banale di quanto possa sembrare, al di là di una qualsiasi strumentalizzazione politica. Per quanto riguarda i soldi alla politica, beh, sono sprecati e per l’uno e per l’altro schieramento.

    #13514
    Alberto
    Partecipante

    Meno ore al Latino e al Greco, più ore al Piemontese e al Sardo! :tmi: Tutto è cultura ormai ed ecco che scatta il livellamento… :emo: “Chissene”, esatto, se non si sa l’Inglese, magari col Nuorese stretto si riescono a fare degli affaroni a comprare il pecorino dal pastore 80enne.

    Pensavo che la Politica fosse un cosa seria e non cabaret. Chissà cos’avrebbe da dire Cicerone in merito.

    #13515
    imported_Peppone
    Partecipante

    La questione dei dialetti è cosa che mi è davvero cara. Comprendo le preoccupazioni di Dema riguardo al fatto che i dialetti regionali sono in via di estinzione, ma credo che sia assolutamente inutile proporre un loro insegnamento nelle scuole al fine di preservarli da una inesorabile scomparsa. Lo dico con dispiacere, in quanto io sono dialetto madrelingua 😀
    Ogni lingua è l’espressione più caratteristica delle persone che la parlano e del loro modo di vivere, di pensare. Il dialetto quindi è il bagaglio culturale di una comunità che fino a mezzo secolo fa o anche meno era per la quasi totalità analfabeta, legata al mondo agricolo, con scarsissimi contatti con l’esterno. E’ naturale che venuto meno il mondo in cui la lingua-dialetto è sorta, prima si assiste ad una contaminazione prima sconosciuta, che ne snatura le caratteristiche peculiari, e poi ad una completa scomparsa, dovuta al fatto che la vecchia lingua non viene più tramandata.

    Riguardo a questioni care alla Lega, se c’è una cosa che mi dispiace è che abbiano fatto loro il “Va’ pensiero”. Vi confesso che l’attuale inno, “Il Canto degli Italiani” (volgarmente detto Fratelli d’Italia, un po’ stile il “Vincerò di Pavarotti” 😀 ) non mi è mai piaciuto più di tanto, ma ha il pregio di coinvolgere la gente col Popopò, poropò etc. Il Va’ pensiero lo trovo molto più poetico, profondo, con chiari riferimenti al Risorgimento italiano, e per fortuna privo di quella pomposa retorica risorgimentale dell’inno di Mameli.
    Nessuna polemica però: fino a quando sarà l’inno Italiano, lo si canterà!

    #13516
    Artorius
    Partecipante

    @Peppone wrote:

    […] quella pomposa retorica risorgimentale dell’inno di Mameli.

    Anch’io lo valutavo come te, Peppone. 🙂 Poi ho letto questo articolo e mi sono un po’ ricreduto.
    @Scudit wrote:

    Goffredo Mameli è un giovanissimo poeta e combattente (un eroe romantico?) che partecipa entusiasticamente alle battaglie di quegli anni.
    Nel 1849 è a Roma, dove è nata la Repubblica Romana.
    A Roma combatte al fianco di Garibaldi contro i francesi e, ferito ad una gamba, muore per la cancrena, all’età di 22 anni.
    Il canto di Mameli-Novaro (noto con il nome di “Fratelli d’Italia”, dalle parole del primo verso) fu subito accettato dai giovani combattenti del Risorgimento come il loro Inno nazionale. Chiaramente a noi moderni il testo sembra molto retorico e la musica sembra una marcetta non troppo solenne, specialmente se suonata da una banda militare. Ma quel testo scritto di getto, spontaneo, appassionato e composto poi da un giovanissimo combattente per la libertà, sembrava il più adatto a simboleggiare la giovane Italia rivoluzionaria.

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