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  • #11816
    Randall
    Partecipante

    Lo spettacolo che si mostra agli occhi di chiunque é quello di un paese totalmente allo sbando.

    Da questo governo si sono dovuti dimettere tre ministri, due per corruzione (Scajola e Brancher), uno per incompetenza e giri strani (Bondi). Un altro (Fitto) é pure lui indagato. Nel frattempo ne prendiamo a bordo un altro (Romano) in odore di mafia. Un sottosegretario Cosentino, si é dovuto dimettere perché in odore di Camorra.

    Nel frattempo il nostro telefona a Questure per le sue puttane minorenni, una delle sue che ha piazzato al consiglio regionale della Lombardia, tal Minetti, dice che sogna nel futuro di diventare nientepopodimenoché ministro degli Esteri! (sic). Un sottosegretario, tale Santanché, spaccia un corso alla Bocconi per un Master alla Bocconi (vi sono leggerissime differenze tra le due cose, tipo che uno dura un mese, l’altro 16 😉 ).

    Alemanno é infonato nello scandalo ATAC-AMA e deve aumentare il numero di assessori della capitale…

    E quando va a Lampedusa Berlusconi promette un casinò (sic!) e si compra una villa da quelle parti 😀

    Stranamente ultimamente faccio fatica a trovare un Berlusconiano che sia uno, é cominciato il grande esodo…é stato eletto, ma non si trovano elettori.

    #14635
    imported_Sempronia
    Partecipante

    Hai dimenticato un ministro che, ad ogni sua apparizione pubblica, sembra essersi appena fatto due piste di colombiana purissima.

    #14636
    Randall
    Partecipante

    @Sempronia wrote:

    Hai dimenticato un ministro che, ad ogni sua apparizione pubblica, sembra essersi appena fatto due piste di colombiana purissima.

    Togliamoci il “sembra”…

    #14637
    Randall
    Partecipante

    Lo specchio deformato del Paese

    MARIO CALABRESI
    Il presidente Napolitano sta probabilmente vivendo sulla sua pelle la sensazione che assale qualunque italiano che torni a casa dopo una breve vacanza o un viaggio di lavoro. Basta andare all’estero un paio di giorni, dimenticare per un attimo i telegiornali, distrarsi dalla nostra condizione, per essere investiti al rientro da una dose massiccia di sconcerto e di rifiuto.

    Se poi si hanno ancora negli occhi, come certamente succede al Presidente della Repubblica, le immagini delle folle di Milano, Torino, Roma e Varese, che hanno festeggiato l’Unità d’Italia riempiendo le città di tricolori, allora la reazione di disagio deve essere ancora più forte.

    Così ieri sera il Capo dello Stato ha convocato i capigruppo della maggioranza e dell’opposizione al Quirinale, per lanciare loro il suo allarme: il Paese non può e non deve più assistere a questo spettacolo. È passato poco più di un mese da quando Napolitano, dopo aver incontrato Berlusconi, diffuse una nota in cui spiegava che la legislatura era a rischio se non si fossero contenuti gli scontri e le tensioni.

    Ieri mattina, in questa prima pagina, Luigi La Spina scriveva che in Parlamento era andato in onda uno spettacolo al di sotto della decenza: si poteva pensare che il fondo fosse stato toccato. Sono bastate poche ore e in molti a Montecitorio si sono affrettati a smentire gli sparuti ottimisti e a confermare ai pessimisti che il fondo sembra non esistere più. Insulti, grida, lancio di giornali, un crescendo di tensione in cui il senso dei gesti e delle parole è ormai completamente logorato. E siamo soltanto all’inizio, le «schermaglie» di questi due giorni possono essere considerate soltanto l’antipasto, non una coda impazzita di vecchie polemiche. La prossima settimana infatti ci regalerà una serie di appuntamenti che promettono di incendiare ulteriormente gli animi. Si dovrà votare il conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera sul caso Ruby (il cui processo a carico di Berlusconi comincerà giusto mercoledì prossimo) ma anche la responsabilità civile dei magistrati e il processo breve.

    Un mix talmente esplosivo che ci fa capire la ragione dell’allarme lanciato dal Presidente della Repubblica, tanto che tutti gli interlocutori, all’uscita dal Quirinale, avevano la sensazione che Napolitano non sia più disposto ad assistere a questo spettacolo e che una fine della legislatura possa essere tra gli esiti probabili di questa delirante escalation.

    Ma si può pensare di andare avanti senza freni, di continuare a non tenere minimamente in conto i disagi, le preoccupazioni e le difficoltà del Paese? Lo scollamento che si percepiva in questi giorni, nel vedere i ministri della Difesa e degli Esteri occuparsi dei problemi giudiziari del premier mentre si sparano missili alle porte di casa nostra, mentre barconi carichi di clandestini sbarcano sulle nostre coste o fanno naufragio nelle nostre acque, non ha precedenti.

    Il Parlamento e le classi dirigenti sono lo specchio del Paese? I politologi, i sociologi e gli storici ne dibattono da sempre evidenziando come chi ci rappresenta in fin dei conti finisca per riprodurre i nostri vizi e i nostri difetti. Potremmo anche ricordare che le risse ci sono sempre state, ma dovremmo avere l’onestà di aggiungere che c’erano anche le classi dirigenti che ne prendevano immediatamente le distanze.

    Ma siamo sicuri che oggi la classe politica somigli ai cittadini che governa? Questa volta spero proprio di no, e penso che siano rimaste solo piccole minoranze a tifare e a scaldarsi di fronte a chi grida e minaccia in Aula. Così come mi pare simbolica la risicata presenza di cittadini fuori da Montecitorio nella giornata di ieri. Si potrebbe interpretare questa assenza come il segno di una totale assuefazione, io penso invece che sia il risultato del disincanto, che sia un fastidio arrivato a tale livello da spingere la maggioranza dei cittadini a tenersi lontana. Le persone dotate di senso sanno anche che da questa paralisi non si esce andando a lanciare monetine fuori dal Parlamento.

    Non conosciamo il destino di questa legislatura, così come non sappiamo dove sia il fondo e cosa ci aspetta ancora, ma se guardo al futuro non posso che augurarmi almeno che la prossima volta ci facciano votare con un’altra legge elettorale. Una legge che ci permetta di tornare a scegliere e giudicare chi ci rappresenta, e magari a dare il benservito a chi insulta un portatore di handicap, o a chi non ha la minima idea di quali siano i nostri bisogni e le nostre fatiche.

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