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    Randall
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    OPERAZIONE «ALBA DELL’ODISSEA»

    In questa guerra gli italiani rischiano di più

    Abbiamo fatto la cosa giusta, l’unica possibile, aderendo alla «coalizione di volenterosi» impegnati, dietro mandato Onu, a bloccare l’azione di Gheddafi contro i ribelli di Bengasi. E sicuramente faremo bene a partecipare con tutti i nostri mezzi a questa azione internazionale. Non potevamo di certo tirarci indietro. Impedire a Gheddafi di fare un bagno di sangue in Cirenaica è sacrosanto. Ciò premesso, qualche chiarimento in più lo dobbiamo a noi stessi, al Paese. Perché le guerre, come osservava giustamente Alberto Negri sul Sole 24 Ore di ieri, si sa come cominciano e non si sa come finiscono. E se anche l’opinione pubblica, forse, non lo ha ancora pienamente realizzato, siamo in guerra. In una guerra, per giunta, di cui non sono chiare le finalità e gli sbocchi possibili.

    Poiché è noto che i soli bombardamenti sono di rado risolutivi per vincere una guerra, e manca al momento qualsiasi copertura legale internazionale per una azione di terra contro le forze di Gheddafi, sembra evidente che l’impegno occidentale in corso ha un obiettivo di minima e uno di massima: quello di minima è impedire a Gheddafi di sopraffare l’intera Cirenaica. Una azione occidentale «di successo» potrebbe allora sancire la definitiva divisione della Libia in due tronconi. Non possiamo non chiederci se a noi italiani converrebbe un simile esito. L’obiettivo di massima, a quanto si capisce, è infliggere così tanti danni alle forze militari di Gheddafi da spingere le tribù che lo sostengono a «scaricarlo», consentendo così la riunificazione del Paese. Sarebbe un risultato eccellente (un vero, pieno successo della coalizione occidentale) ma è difficile negare che se quello è l’obiettivo, allora si tratta di una scommessa ad altissimo rischio. Cosa faranno in realtà i gruppi che sostengono Gheddafi nessuno oggi può saperlo.

    Si tenga poi conto del difficilissimo contesto internazionale: la Russia, dopo essersi astenuta sulla risoluzione 1973, ha ora assunto una posizione duramente ostile all’intervento occidentale. Anche la Cina è ostile ma più cauta. La Lega araba, il cui assenso aveva consentito agli Stati Uniti di rompere infine gli indugi e di passare all’azione, ora critica i bombardamenti ritenendoli al di là degli obiettivi della costituzione di una no-fly zone. Il che riflette il fatto che il mondo arabo è spaccato, diviso fra i nemici di Gheddafi e quelli che, come la Siria, l’Algeria e il Sudan, lo appoggiano.
    Il modo in cui il mondo occidentale si è mosso fin dall’inizio in questa vicenda solleva molte perplessità. Obama ha rivelato, con le sue oscillazioni nelle settimane che hanno preceduto l’intervento, una irresolutezza strategica imbarazzante: il leader del mondo occidentale non dovrebbe permetterselo.

    L’Europa ha fatto come al solito nei momenti di crisi: è andata in pezzi. La Germania non è il Lussemburgo e il fatto che si sia tirata fuori chiarisce definitivamente che l’Europa non dispone di una leadership all’altezza della gravità delle sfide. Anzi, non dispone di una leadership, punto. La Francia ha fatto il suo gioco: la Grandeur ha sempre un certo fascino per i francesi e Sarkozy aveva bisogno di riprendersi un po’ della popolarità perduta. Ieri in Francia si sono tenute delle importanti elezioni cantonali (quando si dice le coincidenze), un test cruciale in attesa delle prossime presidenziali. Fare la guerra per spingere i concittadini a stringersi around the flag (intorno alla bandiera) è uno stratagemma classico della più classica realpolitik. La causa è nobile (salvare uomini dallo sterminio) e inoltre, il che non guasta, in Libia c’è la prospettiva di un grosso «bottino»: chi farà i migliori affari con gli insorti a guerra conclusa? Per la Francia, come per la Gran Bretagna, i rischi di guerra sono più che compensati dai possibili guadagni. L’Italia, invece, è in tutt’altra situazione. Noi siamo quelli che rischiano di più. Non solo economicamente ma anche fisicamente. Siamo il Paese più vicino e il più esposto alle ritorsioni. Per carità di patria sorvoliamo sulle contorsioni fatte in questi giorni dal nostro governo (e speriamo anche che rientri il dissenso, che non conviene a nessuno, della Lega). Limitiamoci a riconoscere che noi avevamo, e abbiamo, obiettivamente, fra gli occidentali, la posizione in assoluto più difficile. Il calcolo costi/benefici è diverso per l’Italia e per la Francia. Il che obbliga anche chi, come chi scrive, è favorevole alla nostra presenza nel conflitto, a guardare comunque con rispetto alle perplessità, tutt’altro che campate in aria, di alcuni esponenti politici (come quelle espresse dal sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano sul Corriere di ieri).
    Noi italiani non siamo abituati a pensare alla politica internazionale in termini realistici. Non è passato in fondo troppo tempo da quando più di metà degli italiani stava sempre con gli americani a prescindere e i restanti italiani con i sovietici, sempre a prescindere. Siamo impreparati a un gioco in cui dobbiamo bilanciare solidarietà con gli alleati, perseguimento, quando è possibile, di «buone cause» e attenzione ai nostri interessi. Lo fanno gli altri, dobbiamo farlo anche noi. È una caratteristica di tutte le coalizioni di guerra: gli alleati hanno una causa comune ma anche interessi non coincidenti. Mentre a francesi e inglesi importa ridimensionare la nostra presenza in Libia noi abbiamo l’interesse opposto.

    Dovremmo, in primo luogo, impegnarci fin da subito, a guerra ancora in corso, in un piano di ricostruzione della Libia. Su questo terreno, grazie ai nostri storici rapporti con quel Paese, abbiamo un possibile vantaggio rispetto agli alleati e dovremmo sfruttarlo al massimo. Abbiamo bisogno di riprendere l’iniziativa e siamo certamente in grado di farlo più nell’ambito economico-civile che in quello strettamente militare (ove il nostro apporto non potrà essere determinante).

    Dovremmo, in secondo luogo, dimostrare al nostro Paese che la classe dirigente, di governo e di opposizione, è all’altezza della sfida che abbiamo di fronte. L’importanza della vicenda libica è tale che si rende necessario un dibattito parlamentare in cui maggioranza e opposizione spieghino agli italiani i tanti risvolti (sul piano militare, sul piano economico, su quello delle minacce terroristiche, su quello relativo agli sbarchi dei profughi) che ha per noi la guerra libica e mostrino, per una volta, la più ampia concordia di intenti possibile di fronte a una così grave crisi.

    Abbiamo appena festeggiato i centocinquant’anni dell’Unità d’Italia. Dimostriamo che non era solo retorica, che non siamo sempre divisi, come per lo più diamo l’impressione di essere, in tante «patrie» (non solo la Padania ma anche la destra, la sinistra, eccetera) che hanno in comune solo il livore reciproco, che siamo capaci, in un gravissimo frangente, di convergere intorno ai nostri più vitali interessi nazionali. Se non ora, quando?

    Angelo Panebianco
    21 marzo 2011

    #14625
    imported_Atticus
    Partecipante

    Giratela come volete ma secondo me non ne stiamo affatto uscendo bene.

    In una contingenza come questa dove non sono chiari né gli obiettivi reali di questo intervento né chi comanda l’operazione (vedasi l’attuale polemica Italia/Francia sulla richiesta di guida NATO) l’opposizione avrebbe potuto tranquillamente lasciare al nostro premier e ai suoi ministri il compito e la responsabilità di conciliare le loro precedenti posizioni politiche nei confronti della Libia (leggasi baciamani servili e trattati di superamicizia ) con quelle attuali (leggasi intervento militare) e invece sappiamo tutti come è andata.
    Proprio una brava opposizione!! Italiani quando il governo è in crisi, comunisti quando il governo non ha problemi di tenuta.

    #14626
    Randall
    Partecipante

    @Atticus wrote:

    Giratela come volete ma secondo me non ne stiamo affatto uscendo bene.

    In una contingenza come questa dove non sono chiari né gli obiettivi reali di questo intervento né chi comanda l’operazione (vedasi l’attuale polemica Italia/Francia sulla richiesta di guida NATO) l’opposizione avrebbe potuto tranquillamente lasciare al nostro premier e ai suoi ministri il compito e la responsabilità di conciliare le loro precedenti posizioni politiche nei confronti della Libia (leggasi baciamani servili e trattati di superamicizia ) con quelle attuali (leggasi intervento militare) e invece sappiamo tutti come è andata.
    Proprio una brava opposizione!! Italiani quando il governo è in crisi, comunisti quando il governo non ha problemi di tenuta.

    Beh, gli obiettivi sono chiarissimi, mantenere le mani sulla torta libica e non farcela fregare dai Francesi.

    Per quanto riguarda l’opposizione, e da quando ne abbiamo una? Parecchi venduti per un’apparizione televisiva sulle reti dell’organizzatore dei simpatici party.

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