• Questo topic ha 3 partecipanti e 4 risposte.
Stai visualizzando 5 post - dal 1 a 5 (di 5 totali)
  • Autore
    Post
  • #11768
    Randall
    Partecipante

    Questi qua al Governo non arriveranno manco a mangiare il panettone.

    E così torneremo alle urne, il Circo deve continuare. Che tristezza 🙁

    #14437
    Randall
    Partecipante

    Incredibile, ci ho azzeccato.

    Non pensavo così presto. Mah sempre tristezza.

    Comunque volevo segnalare questo interessante articolo che mostra l’effettivo sfacelo della nostra classe dirigente, ma aggiungerei, di una buona fetta trasversale di tutta la società italiana.

    di Romano Prodi

    ROMA (14 novembre) – Per decidere cosa fare bisogna prima di tutto sapere “come stanno le cose”. Quest’affermazione è scontata, ma sono costretto a ripeterla perché oggi non mi sembra applicata né nelle scelte mondiali né in quelle nazionali. A livello mondiale il G.20 di Seoul si è tutto svolto nell’illusione che la crisi sia ormai sotto controllo e che siano sufficienti misure minori per riprendere senza radicali riforme il tradizionale cammino. Lo stesso errore di base impedisce l’analisi e quindi la cura dei nostri problemi nazionali.

    Ci fa infatti comodo , ed è oggettivamente consolatorio, sostenere che ci stiamo comportando in modo simile a tutti e che soffriamo della stessa malattia degli altri grandi paesi della vecchia Europa.

    Le cose purtroppo non stanno così. Le cose stanno diversamente sia quando analizziamo l’andamento di lungo periodo della nostra economia sia quando ne osserviamo i comportamenti a breve. Riflettendo sul lungo periodo, è passata ad esempio sotto silenzio un importante tabella, elaborata da El Pais su dati del Fondo Monetario Internazionale. Una tabella che mette in fila le percentuali di crescita dei 180 paesi più importanti del mondo (e cioè in pratica di tutti i paesi) negli ultimi dieci anni. Io stesso sono stato sorpreso nel leggere che l’Italia è addirittura penultima, precedendo solo Haiti. Nell’intero primo decennio del secolo la nostra intera economia è cresciuta solo del 2,43% cioè quasi nulla. Sfiguriamo anche a confronto degli altri grandi paesi della pigra Europa perché la Gran Bretagna ha progredito del 15% , la Francia del 12% e la Germania del 9%. Si tratta di progressi modesti anche da parte dei nostri confratelli europei se li paragoniamo al 170% della Cina, al 103% dell’India o al 45% della Turchia, ma nettamente superiori a quelli italiani.

    Se poi vogliamo guardare “come stanno le cose” oggi, dobbiamo constatare che siamo caduti più degli altri durante la crisi del 2009 e stiamo ora crescendo decisamente meno della Germania, di Francia e della Gran Bretagna. Continuando in questo modo ci occorreranno altri cinque anni per ritornare al livello di reddito che l’Italia aveva nel periodo precedente la crisi. Ed è chiaro che, se gli altri paesi continueranno a camminare più in fretta di noi, il nostro distacco non può che aumentare.

    Ecco “come stanno le cose”. Ben poco potremo consolarci per il fatto che siamo ancora un paese relativamente ricco. Negli ultimi dieci anni siamo infatti passati dal 24esimo al 28esimo posto della scala mondiale del reddito pro-capite e tutti sappiamo bene che, continuando in questa lenta discesa, non solo dovremo abbassare il nostro tenore di vita ma ancora di più lo dovranno abbassare i nostri figli. Vivere in un periodo di decadenza, o almeno di aspettative decrescenti, è quanto di peggio possa capitare a una comunità nazionale. E noi lo dobbiamo evitare a ogni costo, discutendo con serenità e con atteggiamento costruttivo sui semplici dati che ho appena esposto e cercando soluzioni che, nella situazione in cui siamo, debbono essere condivise, o almeno comprese, da tutte le componenti della società italiana.

    Credo, ad es. che Marchionne abbia sollevato un problema vero sul futuro del nostro paese. Credo che abbia fatto qualche errore tattico ma credo anche che le sue analisi sul settore dell’automobile debbano essere allargate ad altri settori della nostra società, per obbligarci a un sereno dibattito sul futuro dell’intera nostra economia e, forse, dell’intera nostra organizzazione civile. Il Paese si è invece spaccato e si è schierato secondo vecchi schemi, impedendo in questo modo quel dibattito così necessario per il nostro futuro. Un dibattito che deve mettere sotto esame tutti i comportamenti incompatibili con i cambiamenti che avvengono nelle altre parti del mondo.

    E’ infatti l’intera nostra società che rifiuta i comportamenti che, ci piacciano o no, caratterizzano ormai tutte le società avanzate del pianeta. Non si può infatti correre alla velocità degli altri quando l’evasione fiscale copre almeno un quarto della nostra economia e non da segni di calare. E nemmeno quando la scuola e la ricerca hanno un ruolo sempre più marginale nella società e nelle strutture produttive: E potremo continuare con la lista delle ragioni che spingono ogni anni decine di migliaia dei nostri migliori giovani ad emigrare per trovare le occasioni di lavoro che non sono reperibili in Italia. L’elenco potrebbe davvero continuare ma quest’elenco non serve a nulla se non ci si accorge che il cammino della decadenza è già cominciato e che questa caduta sarà sempre più accelerata se ci dedicheremo ancora a elencare primati che non abbiamo più o a sperare che i pochi primati che ancora possediamo si estendano per magia a tutta la nostra economia o a tutta la nostra società. Un processo di rinascita collettiva nasce sempre da un’analisi impietosa della realtà. Per fare cose nuove ci si deve prima rendere conto di “come stanno le cose.”

    da Il messagero

    #14438
    imported_Peppone
    Partecipante

    @Romano Prodi wrote:

    Una tabella che mette in fila le percentuali di crescita dei 180 paesi più importanti del mondo (e cioè in pratica di tutti i paesi) negli ultimi dieci anni. Io stesso sono stato sorpreso nel leggere che l’Italia è addirittura penultima, precedendo solo Haiti. Nell’intero primo decennio del secolo la nostra intera economia è cresciuta solo del 2,43% cioè quasi nulla. Sfiguriamo anche a confronto degli altri grandi paesi della pigra Europa perché la Gran Bretagna ha progredito del 15% , la Francia del 12% e la Germania del 9%. Si tratta di progressi modesti anche da parte dei nostri confratelli europei se li paragoniamo al 170% della Cina, al 103% dell’India o al 45% della Turchia, ma nettamente superiori a quelli italiani.

    Stimo Prodi come accademico, ma devo dire che in questo punto e non solo la sua analisi non è troppo acuta. Che la crescita economica dell’Italia sia ferma da un decennio, questo è certo; che la situzione Italiana non sia più rosea rispetto a quella degli altri Paesi pure (a meno che non si ascolti il ripetitivo canto di certe sirene di govero e dell’informazione); che altri Paesi europei abbiano fatto meglio di noi e un dato. Ma che dobbiamo metterci a fare il confronto coi paesi cosiddetti in via di sviluppo mi pare improprio.

    Se i Paesi della vecchia (e pure pigra!) Europa hanno una storia industriale più che centenaria, lo stesso non può dirsi dei Paesi asiatici, che sono di recentissima industrializzazione: ed è normalissimo che i loro tassi di crescita siano da capogiro se confrontati con quelli di più vecchio progresso industriale!

    Che poi sia tempo di cambiare i metodi di misurazione della ricchezza, della produzione passando dal PIL a qualcos’altro se ne può discutere come si sta facendo in Gran Bretagna. A tal proposito allego un articolo di qualche giorno fa:

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/15/dal-pil-alla-felicita-cameron-prova-a-misurare-quella-degli-inglesi/77009/

    E’ un caso che roba del genere venga in mente a menti un po’ più giovani? 😉

    #14439
    imported_Sempronia
    Partecipante

    A me sembra che il punto centrale della disamina di Prodi sia il confronto con gli altri Paesi europei e che quelli emergenti vengano citati solo per sottolineare che i primi hanno arrancato nei confronti dei secondi.

    Ci fa infatti comodo , ed è oggettivamente consolatorio, sostenere che ci stiamo comportando in modo simile a tutti e che soffriamo della stessa malattia degli altri grandi paesi della vecchia Europa
    Le cose purtroppo non stanno così.
    Nell’intero primo decennio del secolo la nostra intera economia è cresciuta solo del 2,43% cioè quasi nulla. Sfiguriamo anche a confronto degli altri grandi paesi della pigra Europa perché la Gran Bretagna ha progredito del 15% , la Francia del 12% e la Germania del 9%. Si tratta di progressi modesti anche da parte dei nostri confratelli europei se li paragoniamo al 170% della Cina, al 103% dell’India o al 45% della Turchia, ma nettamente superiori a quelli italiani.

    #14440
    Randall
    Partecipante

    Concordo con Sempronia.

    Ed il fatto che la nostra economia sia alla frutta lo tocco con mano personalmente essensdo sì nella Ricerca ma in quella industriale del fotovoltaico.

    I nostri investimenti in settore chiave come l’energia, le nanotecnologie, ecc, sono risibili. Non abbiamo ancora (e parlo di anni e anni) un piano industriale od uno energetico. Il che vuol dire che ogni mentecatto si può svegliare e dire di fare impianti fotovoltaici, o l’eolico, o il termoelettrico o il nucleare. Senza piano viviamo alla giornata. E cmprenderete che non é possibile né accettabile vivere alla giornata per progetti che richiedono una decina di anni per essere attuati come quelli energetici.

    Il nostro paese é fermo. Basato sul familismo, su stipendifici pubblici e su una evasione fiscale ed una corruzione mostruosi. Dove l’attenzione all’istruzione, alla ricerca ed alla impresa sono totalmente marginali. E sono questi i motori che generano ricchezza, intendiamoci bene.

    Quindi il paese sta declinando. Non penso che vi sarà una inversione di tendenza. Perché non vedo alcun sussulto di orgoglio da parte di una classe dirigente defunta, né da parte di un popolo che ha smesso di sognare da parecchio.

Stai visualizzando 5 post - dal 1 a 5 (di 5 totali)
  • Devi essere connesso per rispondere a questo topic.