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6 Luglio 2010 alle 01:33 #11712GabrielePartecipante
Ho da chiedere un paio di cose su questo pezzetto famosissimo del carme numero 5 di Catullo.
Primo, perché il Da mi non è in dativo, mihi, visto che, se ho capito, significa DAI A ME mille baci. E che caso è MI? non mi sembra proprio possa essere il vocativo del pronome possessivo…
Secondo, la costruzione, non poteva essere ugualmente sintatticamente corretta se fosse stata da “mi” mille basia, invece che basia mille? Va bene che la lingua latina è di tipo SOV, ma in questo caso dovrebbe essere ininfluente, vista la scelta di inserire il verbo all’inizio frase. Anche questa scelta, essendo io poco “flessibile” diciamo così e fortemente ancorato alle regole grammaticali, la trovo di difficile comprensione, non sarebbe stato meglio un bell’imperativo finale? mille basia da mihi? Va be’ forse non faceva rima, ma m’interesserebbe sapere invece se è grammaticalmente che la frase doveva essere come catullo (o il monaco copista per lui) l’ha scritta, e non in altri modi.
Terza e ultima richiesta, quel dein e deinde, che al mio orecchio ha un effetto parecchio “disturbante” diciamo così… significa poi? Sul dizionario internettiano non c’è questa strana forma, qui al lavoro non ho disponibilità di consultare l’IL.
6 Luglio 2010 alle 09:09 #14139ArtoriusPartecipante1) Mī = mihi. È solo una variante ortografica, giustificata dal fatto che, molto probabilmente, l’h intervocalica già non si pronunciava piú. Non me ne intendo di metrica, ma la scelta di questa forma potrebb’esser dovuta anche alla necessità d’una sola sillaba invece di due.
2) Per quanto ne so, anche l’alternativa che proponi sarebbe stata grammaticalmente corretta. Il latino non ha un ordine delle parole rigido e, specialmente in poesia, è normale non trovare lo schema SOV, che è una normalizzazione grammaticale. La libertà dell’ordine, anzi, permette di sfruttare le posizioni forti (inizio e fine d’enunciato) per i sintagmi di maggior rilevanza.
La scelta di Catullo, oltre ad aver avuto ragioni metriche (e non di rima, che non fa parte della poesia latina, se non medievale), mi sembra piú elegante di quella che tu proponi perché divide le due parole allitteranti mī e mille con basia e pone mille alla fine, come vertice e parola principale di tutto il verso (cioè come fuoco).3) Sí, dein è una variante di deinde, e si trova su questo dizionario.
6 Luglio 2010 alle 12:58 #14140imported_SemproniaPartecipanteAggiungo alla esauriente spiegazione di Artorius un’osservazione di natura generale.
La poesia deve gran parte della sua efficacia e forza di suggestione alla musicalità delle parole e della loro successione ritmica.
Non ci si chiede se sia corretto dal punto di vista grammaticale o sintattico un verso come
“Dolce e chiara è la notte [pausa] e senza vento”
la cui resa in prosa è decisamente più scialba
“La notte è dolce e chiara e senza vento”.
Quel dolce in posizione forte, la pausa naturale prima della congiunzione sono funzionali alla musicalità del verso e quindi alla suggestione poetica.
Ci sono molte differenze fra la metrica classica e quella moderna, ma al fondo c’è la considerazione che si tratta di poesia, soggetta a regole diverse dalla prosa.
Se vuoi avere un’idea di cosa significhi lettura metrica in latino, procurati una cuffia e ascolta qui
http://www.youtube.com/watch?v=UyNdDd6hLHg&feature=related
(in particolare quello segnalato è un professore di Belgrado che ha messo in rete la lettura di diversi brani)
Leggi anche questo interessante articolo
http://guide.supereva.it/latino/interventi/2009/07/librivox-una-organizzazione-mondiale-che-fornisce-gratis-audio-libri7 Luglio 2010 alle 12:25 #14141GabrielePartecipanteMolto interessante, e vi invito ad ascoltare il carme V cantato da questa bella voce femminile in restituta.
http://www.youtube.com/watch?v=tmNxgiFtbj4&feature=related
Quel dein deinde che trovavo assai fastidioso nella lettura, acquista una musicalità perfetta nell’insieme del sonetto.
7 Luglio 2010 alle 12:31 #14142GabrielePartecipanteartorius avevo consultato proprio quel vocabolario, e non lo trovai, così come non lo trovo ora. Scrivo sia deinde ceh dein nel campo di ricerca, ma non ne esce nulla.
7 Luglio 2010 alle 17:53 #14143Aiace TelamonioPartecipanteForse non ti sei accorto che il dizionario è anche italiano-latino. Prova a settarlo, a sinistra, come latino-italiano e come per magia vedrai sia dein che deinde…
9 Luglio 2010 alle 00:22 #14144GabrielePartecipanteOra ho capito. Non era esattamente così.
Il problema è che spuntavo l’opzione per le forme flesse, mentre dein e deinde sono parti invariabili del discorso. 😛Allora vi piace il carme 5 cantato?
18 Luglio 2010 alle 19:26 #14145imported_DionisiusPartecipanteNon molto, ad essere sincero. Per queste ragioni:
1) Non è “cantata” in metrica (e già il solo fatto che sia cantata, non mi è congeniale);
2) “Dolciastra” è l’unico aggettivo che mi è venuto in mente durante l’ascolto, è troppo infantile;
3) Dovrebbe essere recitata da un uomo (ma ammetto che questo è un aspetto che possiamo facilmente ignorare).Per rimanere in tema “rivisitazioni attuali di classici antichi”, preferisco questo:
http://www.youtube.com/watch?v=Kd0h8-1Itsc.Dionisius.
2 Giugno 2014 alle 05:10 #14146sameerPartecipanteQuanto alle virgole che ho messo fra parentesi, la prima è facoltativa; anche la seconda e la terza lo sono, ma l’una in funzione dell’altra (simul stabunt, simul cadent, si potrebbe dire 🙂 ).
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