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  • in risposta a: eserciziari di comprensioni e traduzioni contrastive #14516
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    @Falbala wrote:

    Umh… sono reduce dal primo (mezzo) anno di insegnamento allo Scientifico Tecnologico, da cui il latino è stato bandito. E ho il timore che sia solo l’inizio. Forse finiremo per trovare solo il latino come materia opzionale. Farebbe davvero bene? Alle Medie, dove lo è, significa pochissime ore di insegnamento, voti leggeri perchè non si può certo pretendere, riduzione del suo insegnamento a un pro forma. Non si rischierebbe lo stesso destino? ;(

    Come ha detto Sempronia, in Germania, patria ancora oggi dei migliori classicisti, non mi risulta che il latino sia obbligatorio in gran parte degli studi preuniversitari (e il tedesco anche se condivide con il latino le declinazioni è molto più differente per il lessico). Rendere il latino materia opzionale (che è ben diverso dal bandirlo in ogni studio preuniversitario) dovrebbe in teoria far aumentare moltissimo il livello d’interesse da parte degli studenti. Rendere opzionale un insegnamento non vuol dire toglierne il grande valore della materia insegnata.

    Non ci si dovrebbe insomma preoccupare dell’assenza dell’insegnamento del latino in quasi tutte le scuole superiori per lo stesso motivo per cui non ci si dovrebbe preoccupare dell’assenza dell’insegnamento del suonare uno strumento musicale in quasi tutte le scuole superiori, tutto questo ritenendo però che materie come il latino e la musica non sono da buttare perchè, secondo le opinioni di qualche sedicente esperto “con queste non si mangia” ma non sono da buttare perchè sono qualcosa di molto più in alto di semplici “istruzioni” utili a procurarsi da mangiare, costruire case o altre finalità utilitaristiche. Bisogna comunque ammettere però che materie molto complesse come il latino e la musica sono solo *alcune* delle materie “nobili” e non “utilitaristiche”, ritengo che insegnare bene materie già obbligatorie come lingua e letteratura italiana, storia, geografia (e magari un po’ di arte) sia più che sufficiente per una scuola che non sia solo preparazione a lavori utilitaristici ma che sia soprattutto una scuola che fa conoscere le grandi menti e le grandi opere che la gente del passato ci ha lasciato, per far capire che è grazie a questi giganti che noi uomini d’oggi possiamo vedere più lontano.

    Ciao.

    in risposta a: eserciziari di comprensioni e traduzioni contrastive #14513
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    @Sempronia wrote:

    @Hostilius_LXXXV wrote:

    ….il semplice esercizio di comporre una versione (soprattutto se intesa erroneamente come dimostrare con una pseudotraduzione in un italiano spesso goffo e contorto al fine di riprodurre tutte le più piccole strutture grammaticali e sintattiche dell’originale dando interesse quasi nullo al dimostrare che si è compreso il significato globale e quello di ogni espressione…

    Ma dai per scontato che questo sia l’unico modo in cui si insegna il latino?
    Non nego che ci siano docenti affezionati alla “traduzione letterale” (che poi sarebbe da chiarire che significa), ma credo sia molto più diffuso un approccio diverso.
    Resta fermo che la traduzione in altra lingua è solo l’ultimo atto (nemmeno sempre necessario) di un processo, che prevede la comprensione profonda del senso, l’individuazione del contesto in cui il testo originale è stato prodotto, la piena padronanza del lessico della lingua di partenza e di quella d’arrivo.
    Tra l’altro trovo che parlare genericamente di traduzione dica poco.
    Quale traduzione? Prodotta da chi, in che circostanza e per quale scopo?
    Se parliamo di uno studente medio, linguisticamente immaturo, che non riesce ad immedesimarsi nel contesto culturale a cui si riferisce l’episodio della violenza a Lucrezia in Tito Livio (e che sarà mai? una che si uccide perché è stata violentata! 😮 ), sarà un’impresa ottenere una traduzione efficace; se lo stesso testo viene sottoposto ad un esperto, con una sensibilità linguistica raffinata, gli si potrà chiedere di dare più versioni italiane, una più intimistica e dolente, una più tragica.
    Ma quale sarebbe più fedele allo spirito con cui Tito Livio ha scritto quella pagina? Secondo me, la comprensione profonda sta in questo, nella capacità di immedesimarsi nello spirito dell’autore e rispettarlo.
    Se si fa altro, lo si re-interpreta, magari con altissimi risultati, ma si può ancora parlare tecnicamente di traduzione?

    Capisco il discorso, il fatto è che vedevo che i libri di esercizi di versioni svolte che ho trovato mostravano tutti solo versioni senza alcun commento sulle scelte di traduzione. E’ un po’ come se in un esercizio svolto di equazioni matematiche si mostri solo il risultato finale senza tutti i passaggi risolutivi. Mi piacerebbe conoscere perciò eserciziari di esempi di versioni svolte con la spiegazione dei passaggi di ragionamento più importanti.

    P.S.:Io non essendo stato studente liceale poco conosco della situazione odierna, tuttavia mi risulta che vari studenti dell’università affermino che la maggior parte dei migliori classicisti del secolo scorso siano stati tedeschi e mi pare un po’ strano per un paese come il nostro in cui le lingue classiche sono obbligatorie in molti studi preuniversitari, ma riferisco tutto ciò da persona non ancora addentro alla questione, magari se voi ne sapete di più potete dire la vostra.

    Ciao.

    in risposta a: eserciziari di comprensioni e traduzioni contrastive #14511
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    @Sempronia wrote:

    Forse, se non cerchi testi basati esclusivamente su questo approccio, posso indicartene anche qualcun altro, ma dopo aver fatto un controllo.

    Volentieri, mi piacerebbe conoscere qualche testo al riguardo, il fatto è che ritengo che il semplice esercizio di comporre una versione (soprattutto se intesa erroneamente come dimostrare con una pseudotraduzione in un italiano spesso goffo e contorto al fine di riprodurre tutte le più piccole strutture grammaticali e sintattiche dell’originale dando interesse quasi nullo al dimostrare che si è compreso il significato globale e quello di ogni espressione) sia da solo insufficiente a sviluppare una padronanza dei testi.

    Mi piacerebbe magari sapere quindi se esistono eserciziari con esempi di versioni già svolte a cui viene aggiunto un commento dove si spiega perchè certe espressioni sono state tradotte in un modo e non in un altro e dove si evidenzia che si possono avere alternative di traduzione per certe espressioni che non possono essere rese senza perdere la totalità di significato e di funzioni che possiede nel testo originale. Questo modo di eseguire versioni sarebbbe secondo me molto più utile per potenziare le proprie competenze nello studio delle lingue classiche.

    Ciao.

    in risposta a: eserciziari di comprensioni e traduzioni contrastive #14509
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    @Sempronia wrote:

    Breve iter di Francesco Piazzi, Cappelli Editore
    Contiene sicuramente sistematici esercizi di comprensione; non mi sembra invece di aver visto nelle sue pagine riferimenti alla traduzione contrastiva.
    Il testo si richiama nell’impianto alla pratica della Didattica breve.

    Grazie del consiglio, ma guarda caso me l’ero già procurato come avevo detto qui: viewtopic.php?f=3&t=260#p2175 (rivolgendomi peraltro proprio a te) e ad essere precisi comunque proprio uno dei volumi (i linguaggi – la traduzione) di quest’opera del Piazzi porta vari esempi di traduzione contrastiva.

    Non sono conoscitore esperto di altri eserciziari basati sulla comprensione del testo però mi risulta che ci sia un testo scolastico di Flocchini “Il nuovo comprendere e tradurre” che se il titolo non fa ingannare dovrebbe avere come obiettivo non solo la traduzione ma anche la comprensione, magari se tu o altri avete più conoscenze al riguardo mi potreste fare sapere qualcosa su questo testo od altri simili.

    Una curiosità: conoscendo studenti che si stanno specializzando proprio in lettere antiche ho notato che tutti concordano nel fatto che quando si traduce un testo per darne un giudizio è indispensabile che oltre a comporre la traduzione lo studente rediga almeno un breve saggio in cui descriva obbligatoriamente tutte le motivazioni per cui le espressioni linguistiche più complesse le ha tradotte in quel modo e non in un altro. La seconda cosa che ho imparato però è che un vero studioso di lettere antiche non dovrebbe preoccuparsi più di tanto di fabbricare la traduzione migliore possibile: tanto lui, se è davvero un letterato, sa leggere, comprendere e gustare perfettamente i testi in originale!

    Ciao.

    in risposta a: Ablativo assoluto #14443
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    @Sempronia wrote:

    Se ne parla anche qui, non a caso citando nella bibliografia l’autore del manuale di google books.
    http://www.maldura.unipd.it/ddlcs/penello/venezia2004.pdf

    Interessante articolo. Comunque, da quello che più ho capito da quello studio, comprendere proprio i minimi dettagli della costruzione dell’ablativo assoluto sembra avere senso solo per chi ha interesse a tradurre dall’italiano al latino, dunque per chi è interessato solo a comprendere e tradurre i testi dal latino all’italiano non so quanto possano essere utili queste nozioni, certo per chi si senta interessato ad approfondire molto la lingua allora si è liberi di compiere ciò. Magari qualcuno di voi ha scoperto di essere un abile scrittore e poeta in latino, in tal caso sarei davvero curioso di leggere qualche sua opera.

    Ciao .

    in risposta a: Inizio biennio #12228
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    Una delle cose che mi incuriosisce sapere dell’insegnamento che si fa al biennio è come vengono spiegata la terza declinazione. Spesso incontro grammatiche assurde dove la terza declinazione è descritta usando complicatissime distinzioni che non servono a nulla tranne che per una eventuale e inutile traduzione italiano-latino. Di fatto l’unica cosa che serve ricordare è che 1) a volte il genitivo plurale esce in -um e altre volte in -ium, 2) a volte l’ablativo esce in -e e a volte in -i, 3) a volte la vocale dell’accusativo singolare e plurale non neutro è -e- e altre volte -i- e 4) che a volte il nominativo-vocativo-accusativo plurale neutro esce in -a e a volte in -ia. Le uniche eccezioni degne di nota poi sono vis, iter, bos, Iuppiter e sus, sempre se si evitano di dare esercizi su buri, tossi e raucedini, argomenti non penso così centrali in letteratura latina …

    Un’altra cosa che mi interessa sapere, di cui abbiamo parlato ad esempio qui,
    viewtopic.php?f=3&t=386 è se si pretende una versione dove a ogni ruolo logico del termine del testo latino corrisponde un uguale ruolo al termine italiano (cosa secondo me insensata altrimenti “ave” si dovrebbe tradurre con un bizzarro “sii in salute”) oppure viene permessa una traduzione più a senso che fa capire che le conoscenze grammaticali sono il mezzo e non il fine dell’esercizio. Interessante sarebbe poi sapere se all’esercizio della versione vengono aggiunti esercizi di comprensione del testo e (ma questo secondo me ha senso proporlo alla fine della carriera scolastica superiore) esercizi di traduzione contrastiva, che secondo me comportano abilità e mirano a obiettivi con una modalità e risultati che la semplice versione non permette e non mette in risalto.

    Ciao.

    in risposta a: la traduzione: i suoi presupposti e scopi #14402
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    Tanto per rendere più interessante l’argomento segnalo questo blog dedicato alla traduzione contrastiva: http://catalepton.altervista.org/analisi-contrastiva-di-traduzioni

    Mi sembra che questo tipo di traduzione sia veramente un esercizio indispensabile per chi vuole davvero comprendere cosa vuol dire tradurre testi letterari, altri esempi ne ho trovati qui http://www.liceofermibo.net/supporti_didattici/lettere/latino.doc dove sono presenti anche esercizi di comprensione di questo tipo http://cmapspublic.ihmc.us/servlet/SBReadResourceServlet?rid=1234488428552_847828457_15739 che mostrano come ho gia detto, che il semplice esercizio di versione ovvero decifrazione è insufficiente per raggiungere l’obiettivo di verificare che si è compreso davvero il significato del contenuto del testo sotto esame.

    Mi piacerebbe sapere se al giorno d’oggi questi esercizi sono prescritti a tutti coloro che si accingono a studiare i testi classici, perchè mi sembra che abbiano un’utilità potentissima che non può essere trovata in esercizi di altro tipo.

    Ciao.

    in risposta a: la traduzione: i suoi presupposti e scopi #14401
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    @Atticus wrote:

    Fermiamoci un momento a considerare la natura della operazione di “decifrazione” in confronto con la “traduzione” e la “lettura”.

    a) Decifrazione è una operazione analitica di percezione e riconoscimento:
    – Di Segni ( Primo livello)
    – Di natura delle parole (secondo livello)
    – Di forme desinenziali (terzo livello)
    – Di strutture sintattiche (quarto livello)
    Al primo livello corrisponde la “traslitterazione”. Al secondo la capacità di porre materialmente parola sotto parola (verbo sotto verbo, articolo sotto articolo, congiunzione sotto congiunzione, e così via). Avere una solida conoscenza morfologica (terzo livello) e una solida conoscenza sintattica (quarto livello) presuppone evidentemente di aver superato il primo e il secondo e apre le porte alla traduzione.

    b) Traduzione è una operazione di tipo sintetico, che supera nettamente la comprensione letterale, sia pur corredata di tutte le conoscenze di terzo e quarto livello: richiede, infatti di saper interpretare le strutture e le espressioni tipiche di una lingua mediante corrispondenti strutture ed espressioni di un’altra, senza alterare, anzi, proprio alla ricerca di restituire al meglio il significato e il senso del testo originale.
    …..Omissis……

    Sono d’accordo sulla visione dei concetti di decifrazione e traduzione. La mia impressione però è che la traduzione, soprattutto se si tratta di traduzione di testi letterari, sia non un qualcosa che si può imparare così come si impara a trovare il risultato finale di un problema o di un’espressione in matematica. Tradurre è quasi un’arte che presuppone i “ferri del mestiere” della decifrazione, ma se ci si ferma a imparare come si usano questi attrezzi è un po’ come ritenere che siamo degli ottimi pianisti solo perchè siamo riusciti a imparare a leggere gli spartiti e abbiamo imparato a sapere quali tasti del piano producono quelle determinate note… senza però aver mai eseguito veramente alcun brano!

    @Atticus wrote:

    c) Lettura è la capacità di scorrere con gli occhi un testo e in modo immediato percepirne, riconoscerne, capirne segni, parole, strutture, espressioni: la capacità, in una parola, di comprenderne immediatamente significato e senso (come normalmente ci avviene con un testo scritto nella nostra lingua madre.


    @Atticus wrote:

    Credo che in molte scuole si consideri “traduzione” quel che altro non è che il quarto livello di analisi così come lo ha lucidamente descritto la Onesti. Il chè, se è comprensibile da un punto di vista didattico, (cercando il maestro un riscontro puntuale alle conoscenze acquisite dall’allievo in morfologia e sintassi), lo diventa meno quando ci si ostina a rimanere attaccati a questo metodo di traduzione uno a uno e si sottolineano come errori interpretazioni che si discostano anche di poco dal testo originale perché tese proprio a restituire il pieno significato del brano in esame.

    Come ho notato sopra quese tue riflessioni mi fanno sempre più propendere al fatto che proporre “decifrazioni” e “simil-traduzioni” negli studi preuniversitari sia qualcosa che nella scuola d’oggi (ricordiamoci peraltro che l’Europa ci chiede da anni l’obbligatorietà di una seconda lingua straniera odierna nelle superiori) non possa essere più pretesa come obiettivo primario dello studio per tutti gli studenti che intraprendono licei incentrati su studi letterari (come nel liceo classico, che secondo me dovrebbe essere affiancato a un liceo umanistico simile a quello linguistico ma incentrato più sulle opere letterarie inglesi e francesi/tedesche) e ancor più in quelli scientifici (ultimamente comunque nel liceo scientifico il problema non si pone dato che il latino è diventato facoltativo).

    La mia idea sarebbe quella di pensare, se non a sostituire, almeno a rendere facoltativa la versione, affiancandola sempre con un testo in lingua originale (con almeno però due righe introduttive di contestualizzazione se l’autore non ha pensato quel testo come a sè!) che si deve provare di comprenderlo rispondendo a domande di comprensione (e volendo anche domande su come tradurre alcune espressioni del testo sotto esame ma certo non chiedere regole astratte di grammatica, perchè esse sono mezzi e non fini) che in tal modo porteranno almeno all’obiettivo di sapere se è un testo argomentativo, descrittivo, narrativo, e se si comprende qual è l’argomento su cui l’autore si è incentrato. Il saper comprendere i più piccoli particolari invece è compito del traduttore e dunque è qualcosa che lo studente preuniversitario può affrontare solo se si ritiene davvero portato in questo.

    Questa è solo la mia impressione attuale sull’argomento, non so se ci sono altri che ritengono la “decifrazione di alto livello” e la “traduzione” l’unico obiettivo primario dello studio delle lingue classiche, personalmente lo ritengo qualcosa a cui possono essere interessati solo studenti con la “vocazione” di traduttori. Certo tutti hanno diritto alla possibilità di imparare a suonare il piano ma non ha senso rendere obbligatorio a ogni studente un corso intensivo di piano.

    Ho sentito parlare anche degli esercizi di “traduzione contrastiva” ma non ho molto approfondito l’argomento, forse anche questa operazione può essere una buona alternativa da affiancare alla versione, magari potete illuminarmi al riguardo.

    @Atticus wrote:

    Ma secondo me, la vera questione è: prendendo per buono lo schema precedentemente descritto, chi “può” e “dovrebbe” davvero cimentarsi con la “traduzione”? Fino a che punto è corretto discostarsi dall’originale alla ricerca della miglior resa? E chi decide qual’è la miglior resa?
    Al quarto livello non ci sono storie; bisogna conoscere le regole! Altrimenti un errore è immediatamente scoperto, ma con la “traduzione”? Il rischio di libere interpretazioni è costante, sia da parte di chi, poco addentro alla lingua e alle sue regole cerca di mascherare le proprie lacune con sbrigativi compromessi, sia da parte di chi, esperto a fondo della lingua ma poco versato nella prosa o nella poesia, si lancia in dotte interpretazioni che restituiscono ben poco dell’originale al lettore.
    E’ un vero problema accidenti!!

    (Anche sulla lettura ci sarebbe qualcosa da dire, ma mi sembra che di carne al fuoco ce ne sia già abbastanza)

    Come ho già detto prima, mascherare le proprie lacune grammaticali con traduzioni un po’ libere mi pare un po’ qualcosa di irrilevante al fine della traduzione, la grammatica è un mezzo e non un obiettivo, se la traduzione ha più o meno lo stesso senso del testo di partenza non ha importanza quanta grammatica si sa esplicitamente.

    In quanto al chiedersi chi può davvero cimentarsi con la traduzione e fino a che punto una traduzione può definirsi tale, beh, a questa domanda penso che forse solo Umberto Eco o studiosi di tale livello possono rispondere davvero e ciò fa evidenziare sempre più quanto il tradurre testi letterari sia un problema a cui un professore di liceo non può dare una vera risposta e a cui un professore universitario potrà dare sì qualcosa di simile a una risposta ma grande almeno una decina di volumi di semiotica, linguistica e filosofia del linguaggio! Insomma, l’affascinante arte del tradurre la vedo così.

    Ciao.

    in risposta a: Eserciziario latino #14306
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    A una domanda molto generica si può rispondere solo con una risposta molto generica…

    Se ti riferisci a eserciziari cartacei, penso che tutti abbiano almeno parte delle soluzioni degli esercizi a fronte. Se ti riferisci a siti web contenenti esercizi con relative soluzioni, io ti consiglio ad esempio questi (naturalmente dato che non hai precisato che tipo di esercizi vuoi ti mostro le più varie modalità di esercizi e spetta a te capire quali sono più adatti alle tue esigenze):

    http://www.liceomontale.it/softcla/lat/index.html

    http://www.latinovivo.com/debito.htm

    http://web.ltt.it/www-latino/morfosintassi/rec/rec-01.htm

    http://snsgreek.sns.it/esercizi_lila/esercizilat/index.html

    http://www.liceorosmini.it/esercizidilatino/morfosintassi/Index.htm

    http://kappi.altervista.org/ITA/scuola/latino/esercizi.html

    Ciao.

    in risposta a: Assimil Vs Familia romana #14225
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    Per chi voglia vedere un “anteprima” della versione per francesi del corso assimil ecco qui un link utile sulle prime pagine di lezione:

    http://www.latinitatis.com/latinitas/assimil/

    con allegate anche le lezioni audio:

    http://www.latinitatis.com/latinitas/sonassimilit.htm

    Riguardo a “Familia Romana” ecco qui alcune pagine dimostrative su un sito danese:

    http://www.lingua-latina.dk/index2.htm

    Su Amazon, oltre che alle anteprime di “Roma aeterna” (seguito di “Familia Romana”) ci sono anche le anteprime degli esercizi (bisogna cliccare sulle copertine per sfogliare le prime pagine) :

    http://www.amazon.com/gp/product/1585102121/ref=s9_simh_gw_p14_i2?pf_rd_m=ATVPDKIKX0DER&pf_rd_s=center-2&pf_rd_r=1H41EDZX0MWWYWDAHSNV&pf_rd_t=101&pf_rd_p=470938631&pf_rd_i=507846

    Da quello che capisco, mi sembra che tali edizioni non cambino sostanzialmente a seconda della madre lingua dello studente e quindi si danno lo scopo di far imparare il latino spiegandolo in latino. Naturalmente qui si capisce che tali metodi sono utili soprattutto a chi è di madre lingua non romanza e più in generale a chi è interessato a studiare da autodidatta disinteressandosi della lunghezza del periodo di apprendimento e dell’imparare anche l’uso attivo della lingua. Se questi metodi portano allo scopo è quindi qualcosa che dipende molto quindi dalle esperienze passate, capacità, motivazioni e obiettivi dello studente.

    Ciao.

    in risposta a: Assimil Vs Familia romana #14222
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    Io conosco i manuali della assimil per le lingue moderne, il metodo è quello di assimilare la lingua straniere come se vivessi sul posto in cui la si parla, naturalmente questo discorso ha senso se si studia tale lingua per parlarla e usarla attivamente e questo non sembra il caso del latino. Non so come sia la versione latina ma immagino che il metodo sia quello.

    Ho conosciuto un po’ “Familia romana” e lì lo scopo è più centrato a comprendere i testi classici più che all’uso attivo della lingua. Il difetto è che, dato che questo testo era inizialmente destinato a studenti di madrelingua non romanza gli esercizi di lettura dei testi possono far dilungare su regole e termini familiari per chi sa la lingua italiana e viceversa andare veloci su regole poco intuibili dai madrelingua italiani. Naturalmente per gli autodidatti che non sono disorientati da questi metodi o che non sono interessati a imparare con il minor sforzo possibile nel minor tempo possibile questo può andar bene e non essere un difetto rilevante.

    Io personalmente ho preferito le grammatiche descrittive (come “Breve iter” di Piazzi o “Il nuovo comprendere e tradurre” di Flocchini) che si limitano a come rendere dal latino all’italiano tralasciando le regole inutili per tradurre dall’italiano al latino. Ai fini della comprensione del testo mi trovo bene con l’analisi basata sulla verbodipendenza e le valenze, e dopo vari esercizi di comprensione alla fine il traguardo di arrivare a una traduzione fedele al senso senza sfogliare decine di volte il vocabolario è fattibile. Ho visto certe versioni di studenti del liceo dove il professore invece di permettere una traduzione fedele al senso e scorrevole, sembrava invece imporre una pseudo-traduzione dove al presunto scopo di una traduzione il più possibile letterale si arrivava a un testo italiano dalle costruzioni più contorte che mai che esprimevano significati che si potevano mantenere fedelmente in una forma molto più scorrevole (ci mancava poco che “avete” non dovesse essere tradotto con “siate in salute”!). Questi sono di sicuro esempi di come una lingua non va insegnata pena la massima demotivazione, certo gli autodidatti non hanno questi problemi ma l’impegno è sempre necessario anche se la passione lo motiva e lo rende più agevole. Buona fortuna, quindi.

    Ciao.

    in risposta a: obiettivi e metodi efficaci nel latino: vostre esperienze #13586
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    Di nuovo ciao a tutti. Vedo che la mia discussione non si è molto prolungata e ahimè vedo che il forum non è molto affollato di utenti desiderosi di discussioni e ciò mi ha fatto un bel po’ pensare.

    In quanto a me, posso dire di aver provato un po’ l’Oerberg. La mia prima impressione è stata all’inizio buona, ma alla fine mi sono accorto di imparare grammatica e lessico ad una lentezza eccessiva rispetto alle mie abitudini. Inoltre mi occorreva soprattutto un metodo contrastivo con la lingua italiana sia riguardo alla grammatica che riguardo al lessico, cosa che l’oerberg fa in modo piuttosto ridotto (e ciò è comprensibile dato che l’autore non era di madre lingua neolatina).

    La mia opinione finale è stata perciò che quel tipo di metodo non mi permetteva da solo, rispetto alle mie abitudini e alla mia esperienza, di raggiungere col minimo sforzo e tempo l’obiettivo di comprendere testi letterari. Probabilmente se in passato avessi imparato altre lingue con metodi simili avrei privilegiato questo metodo ma così non è stato.

    Ho così proseguito il mio studio cercando delle grammatiche descrittive che servano solo per comprendere morfologia e sintassi dei testi latini ed esercizi basati anche sull’apprendere i vocaboli latini. Il testo che ho trovato più simile a questi miei scopi è stato l’insieme di volumi “Breve iter” di Francesco Piazzi. Se lo conoscete potete parlarmi delle vostre opinoni in merito.

    Un’ultima cosa che mi sono chiesto in particolare che vorrei chiedere a voi utenti è che visione avete del problema della comprensione e della traduzione. Ad esempio trovo non facile capire come la sezione “correzioni” del vostro forum fatta nel modo che io vedo possa aiutare gli studenti.

    Noto infatti che sia nelle proposte degli studenti che nelle risposte degli utenti manca totalmente una parte di domande di comprensione, parte importantissima che non si può sottintendere e è premessa indispensabile a ogni traduzione. Inoltre correggere postando solamente una traduzione senza commenti mi pare un nonsenso, soprattutto con testi letterari. Ha senso chiedersi se la traduzione del Ramous dell’Eneide è più corretta di quella del Sermonti? Dare delle valutazioni assolute e numeriche a traduzioni le può, secondo me, soltanto svilire, proprio per la ricchezza di espressioni uniche nella lingua originale.

    Ha senso invece secondo me valutare le traduzioni in modo relativo, ovvero nel modo seguente: la traduzione X di questo testo latino la valuto 8 riguardo allo scopo di esprimere un particolare significato dell’espressione A del testo originale mentre la valuto 5 riguardo allo scopo di esprimere l’altro significato dell’espressione A, la valuto 7 nel valutare il significato principale dell’espressione B e così via. In tal modo si capisce che non esiste una traduzione da 10 e quindi si comprende che non è la traduzione da valutare ma quasi esclusivamente la comprensione del testo. Naturalmente queste sono mie opinioni personali venute di getto, sono sempre disposto a sentire vostri suggerimenti per imparare di più.

    in risposta a: obiettivi e metodi efficaci nel latino: vostre esperienze #13584
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    Ho modificato il titolo della discussione: in tal modo potremo condividere in modo più ampio l’argomento di quali obiettivi e metodi avete esperienza nell’insegnamento delle lingue classiche.

    P.S.: ho cercato nell’internet archive ma mi pare che abbia memorizzato solo gli indici delle discussioni e non le discussioni stesse. Se qualcuno vuole mi potete anche riassumere le opinioni sorte nelle discussioni di quel tempo.

    in risposta a: obiettivi e metodi efficaci nel latino: vostre esperienze #13582
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    @Artorius wrote:

    L’obbiettivo principale del metodo induttivo-contestuale non è quello d’arrivare a tradurre dal latino all’italiano, ma quello d’arrivare a comprendere direttamente in latino: la traduzione è solo un ulteriore passo eventuale (per studenti avanzati). C’è una differenza sostanziale: i metodi tradizionali, invece, si propongono d’arrivare alla comprensione attraverso la traduzione, fin dall’inizio.

    Occorre ricordare però che, qualunque metodo si usi, le prove di maturità, per quanto mi risulta, sono sempre prove di traduzione dal latino e non so se ci siano domande ulteriori che verificano la comprensione.

    @Artorius wrote:

    Per le mie limitate conoscenze, non so ribattere a questa tua considerazione sui metodi tradizionali, ma dubito che tali esercizi fossero fini a sé stessi o concepiti per pura vanagloria: probabilmente c’era sempre la buona fede di voler portare a una miglior padronanza della lingua latina. Mi sembra di capire, comunque, che tali esercizi sian ormai quasi scomparsi dai manuali.

    @Artorius wrote:

    Ma, infatti, portava (e porta) proprio a quell’obbiettivo. La questione su cui si dibatte è con quanta efficienza lo facesse/faccia e se ciò comporti anche un pieno assaporamento del testo originale.

    E su questi argomenti, dato che non ho esperienza di questi metodi tradizionali, mi piacerebbe chiedere il parere ad altri utenti che ne hanno avuto esperienza…

    @Artorius wrote:

    Mi riferivo in special modo allo studente universitario. Alle scuole superiori, sta all’insegnante instillar negli alunni l’amor per la propria materia.

    Su questo siamo d’accordo. Io sono di certo contrario all’idea di scuole superiori come dei supermercati in cui ognuno può scegliere qualsiasi materia che vuole escludendone qualsiasi altra, tuttavia occorre far sì che ogni materia tenga conto dell’indirizzo scolastico in cui viene insegnata (per esempio l’insegnamento della matematica, in un liceo linguistico sarà necessariamente diverso da quella, ad esempio, in un liceo scientifico perchè avrà esigenze diverse, senza per questo essere considerata di minore o maggiore valore delle altre materie).

    @Artorius wrote:

    Dipende: se ci si accontenta di prefissi e suffissi, bastano di certo i metodi da te esposti. Se, invece, si voglion leggere Cartesio, Copernico, Galileo, Hobbes, Newton, Spinoza, Vitruvio… direi che cinque anni di studio servono. C’è da aggiunger che solitamente, purtroppo, di prosa scientifica latina non se ne legge nemmeno ai licei scientifici. Ma a questo si può rimediare.

    Il discorso dell’insegnamento delle materie scientifiche nelle scuole superiori meriterebbe un discorso a parte che ci porterebbe fuori discussione. La cosa comunque importante è secondo me che la lettura dei testi dovrebbe essere strettamente collegata con le materie in relazioni ad esse: non vorrei mai che un insegnante di lingue classiche fosse totalmente ignaro dei collegamenti con le materie di storia, scienza o filosofia, altrimenti si studia una lingua che è solo fine a se stessa disinteressandosi dei contenuti di quei testi.

    @Artorius wrote:

    Non son d’accordo: forse non è la meta a esser inattingibile (se puntiamo alla comprensione e non all’arte della traduzione), ma il cammino a esser quello sbagliato. Non vedo perché a un fisico, un avvocato o un veterinario bisognerebbe precludere il piacere di tuffarsi nella saggezza degli antichi. C’è tempo all’università, per specializzarsi; a scuola bisogna piantar semi di saggezza in esseri umani che crescono.

    Certo, se puntiamo alla comprensione la meta può essere attingibile. Occorre certo anche comprendere qual è il cammino migliore ovvero come raggiungere il massimo degli obiettivi col minimo sforzo possibile. Naturalmente il valore degli obiettivi deve in partenza già essere riconosciuto da tutti e sarebbe interessante chiedere a studenti usciti dai licei se alla fine la maggior parte di loro sono riusciti a trovare alla fine questo valore. E’ questa la grande sfida della didattica.

    in risposta a: obiettivi e metodi efficaci nel latino: vostre esperienze #13580
    Hostilius_LXXXV
    Partecipante

    @Artorius wrote:

    Non c’è da sorprendersi di questo: la lettura corrente dei classici è un obbiettivo di tutto rispetto e tutt’altro che facilmente attingibile. Basti pensare che quest’attività presenta difficoltà anche nella propria lingua madre, e che buona parte degli alunni che studiano latino non riescono a farlo neanche dopo cinque anni di studio.

    Che sia un obiettivo di tutto rispetto ne sono d’accordo ma a questo punto mi sorge un interrogativo: ma tutti i metodi alternativi a quello induttivo insegnati nei licei (che come già detto, non ho frequentato) non hanno anche loro l’obiettivo di arrivare a tradurre dal latino all’italiano?

    Nelle vecchie grammatiche che ho trovato si trovano perfino molti esercizi di traduzione dall’italiano al latino non come mezzo per comprendere la lingua ma come obiettivo fine a se stesso, quasi a voler dire che se sai scrivere in latino, sei più bravo di quelli che sanno scrivere solo in italiano! Ho l’impressione che queste siano eredità di una scuola ormai superata dove l’obiettivo dello studio del latino era quello di scrivere in una lingua ritenuta più perfetta dell’italiano. Questo discorso però se forse valeva fino agli anni ’60, quando la concezione della scuola era totalmente diversa da quella odierna e quando peraltro si insegnava il latino fin dalle scuole medie, adesso non vale più. Eppure so benissimo che metodi come l’Oerberg sono arrivati in Italia solo da pochi anni: non mi sembra credibile che per quasi quarant’anni si fosse insegnato ai licei un metodo che non arrivava all’obiettivo della traduzione latino-italiano.

    @Artorius wrote:

    Secondo Luigi Miraglia (e molti altri esperti, immagino), l’uso attivo d’una lingua è utilissimo per arrivare a una piena comprensione passiva della stessa, oltreché addirittura indispensabile per poterne apprezzare le finezze retoriche e stilistiche. Nel metodo induttivo-contestuale/umanistico grande importanza è data al parlare e allo scrivere in lingua latina (e greca), e non per puro divertimento, non come obbiettivo, ma semplicemente come utile mezzo per giunger prima e meglio alla comprensione dei testi classici.

    @Artorius wrote:

    Per come lo intendi, sí, è probabile che si prolunghi, ma dovrebbe valerne la pena: una più veloce enunciazione esplicita delle regole, seguita dalle loro applicazioni (cioè una decina d’esercizi ad hoc) difficilmente ti permetterà di ritenere a lungo quelle regole — e anche qui, non è farina del mio sacco, ma parlo per sentito dire. L’apprendimento d’una lingua è un processo lento e graduale: temo che non ci si possa aspettare di poterlo ottenere a schiocco di dita, ma che ci vogliano amore, dedizione e pazienza — nota che evito accuratamente la parola sacrificio, perché credo che (o credo di credere che 😀 ), se ci si deve sacrificare per farlo, o lo si sta facendo nel modo sbagliato o, forse, si farebbe meglio a qualcosa di piú piacevole. Provare piacere di quello che si studia, godere nell’apprendimento, è già un traguardo non indifferente.

    Tu parli “amore, dedizione e pazienza” ed eviti la parola “sacrificio”. Il problema è che queste affermazioni presuppongono che apprendere questa lingua sia qualcosa che gli studenti scelgono in modo consapevole perchè questo apprendimento è qualcosa di piacevole. Ciò però è contraddetto dal fatto che l’insegnamento del latino è obbligatorio in molti tipi di scuole superiori, anche in quelle in cui uno studente ha scelto per prepararsi a futuri studi universitari da ingegneria, medicina, diritto.

    E’ vero che qualcuno affermerà “il latino è la lingua del diritto antico, della scienza, della medicina…” ma a queste cose basterebbero (come è stato fatto nelle mie scuole superiori) un bel po’ di lezioni nelle ore di italiano a imparare i vari prefissi e suffissi di origine latina e greca, non cinque anni di lingue classiche per arrivare a tradurre complessi testi letterari, il quale, come tu dici, è un arte a cui forse non viene dato così tanto peso neanche nei licei linguistici con le lingue moderne.

    @Artorius wrote:

    Eppure mi sembrava che tu parlassi di comprensione dei classici. Per comprendere un testo — come tu stesso saprai, se conosci bene una lingua moderna — non è necessario passare attraverso la traduzione. Anzi, è la traduzione a essere una nobile arte letteraria che necessita preventivamente della comprensione. Giungere alla comprensione (per poi, eventualmente, anche dedicarsi alla traduzione) è proprio l’obbiettivo del metodo induttivo-contestuale.

    So bene che comprendere una lingua moderna non presuppone certo saperla tradurre, il fatto è che mi sembrava che l’obiettivo dell’apprendimento del latino alle superiori fosse proprio la traduzione dei classici e che quindi ci fosse un metodo veloce per arrivare a questo, ma a tal punto penso che io sia stato illuso dall’ennesima arretratezza delle scuole italiane, ovvero la sottovalutazione di quanto costa l’obiettivo della traduzione di classici.

    E questo non può che essere un male perchè secondo me è meglio che pochi per loro scelta e passione intraprendano un cammino di apprendimento faticoso, ma che alla fine dà i suoi frutti, piuttosto che molti, per obbligo e senza averne alcun interesse, intraprendano quello stesso apprendimento ma con risultati pessimi perchè il loro vero interesse era quello di diventare fisici, avvocati o veterinari senza passare per “nobili arti letterarie” che presuppongono un impegno inscindibile dalla passione per esse.

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