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  • in risposta a: Metodo Orberg #14489
    Gabriele
    Partecipante

    Aggiungo una cosa… Se tu dovessi chiedermi, in italiano, regole di sintassi sull’uso dei congiuntivi e condizionali, io non ti saprei rispondere su come si chiamano queste strutture e sinceramente, non dovendo sostenere un corso di linguistica, né tanto meno doverlo insegnare ad altri, lo troverei abbastanza ozioso mettermi a impararle, a meno che non abbia il puro gusto di farlo, cosa che potrebbe essere benissimo beninteso.
    Parallelamente, io posso anche permettermi di non conoscere a menadito la consecutio temporum, o il cum narrativo, non che non mi piacerebbe, ma 1) ho sempre trovato difficile memorizzare le regole della sintassi; 2) non ho il tempo di farlo, poiché preferisco pervenire ad una traduzione immediata e per farlo non ho bisogno di sapere che una certa proposizione è consecutiva anziché finale, o usa la consecutio temporum, o è un’eccezione ad essa, ecc. Capisci? probabilmente al liceo tali conoscenze sono richieste, ma purtroppo io non ho 5 anni di studio quotidiano, anche avendo il tempo, che non ho perché ho un’età ormai, nessuno mi darebbe lezioni quotidiane per 9 mesi all’anno per 5 anni, a meno di assumere un insegnante. 😀
    Ecco che, come per italiano, credo di riuscire abbastanza bene a mettere insieme in modo corretto le proposizioni e gestire modi e tempi, senza conoscere i nomi, e le regole, ma procedendo col metodo naturale (che poi è quello di Orberg) dell’aver appreso queste regole dalla lingua madre, intendo farlo anche per latino. Poi l’ho detto tante volte, certo mi piacerebbe scrivere in latino, ma mi rendo conto che se mi ci mettessi, ammesso di declinare bene ed usare il lessico giusto, farei una caterva di errori perché appunto la sintassi non la so, o la so male. Ma d’altra parte non penso che potrei impararla, ora, abbastanza bene da poter tradurre in latino un brano dei Promessi sposi. 😉
    E non penso che imparare a memoria le regole sintattiche mi serva a qualcosa, ammesso riesca facendo vita ascetica per qualche settimana ed impegnarmi solo in quelle…Quello che voglio è imparare il più velocemente possibile, e se per questo dovrò fare a meno di riconoscere una consecutio, amen, l’importante è che sappia tradurla in modo sensato.

    in risposta a: Metodo Orberg #14488
    Gabriele
    Partecipante

    Nulla sempronia, il punto è che secondo me una lingua per essere appresa va parlata, non solo studiata nelle regole grammaticali. Per quelle già ho ricoperto una decina di quadernoni tra copie continue per memorizzare declinazioni e coniugazioni, ed esercizi vari.
    Però non basta, perché è inutile memorizzarsi un giorno una coniugazione se poi non si flette mai veramente il verbo, o perlomeno non lo si sente flettere, io perlomeno la vedo così, altrimenti il latino sì diviene solo un insieme arido di regole ed è veramente morto…

    Gianlu non so se quel testo possa bastarti, ti consiglio per prima cosa di scaricare quello ceh ti ho detto, il testo scritto c’è, solo che non è cartaceo ed in più hai la voce di orberg che ti accompagna nella lettura, poi valuta tu…

    in risposta a: Metodo Orberg #14484
    Gabriele
    Partecipante

    Ciao Gianluca, non posso essere più preciso, guarderò anche io il sito di sempronia e cercherò di farmi un’idea, comunque so per certo che il CD può essere acquistato separatamente, tant’è che conosco alcune persone che lo usano a scuola ma non hanno mai neppure sentito parlare delle registrazioni in quanto i loro insegnanti non adottano la pronuncia usata da Orberg.

    Riguardo come procurarti a gratis io l’ho preso su emule, se vuoi ti passo l’edolink, comunque basta cercare questo: Familia romana Orberg, è un archivio….

    in risposta a: Metodo Orberg #14480
    Gabriele
    Partecipante

    Carissimo Gianluca,
    la tua discussione capita a proposito perché anche io, non da ora a dire il vero, sto cercando di districarmi su quale sia il testo da acquistare di Orberg.
    Detto fra noi, Familia Romana me lo sono scaricato da internet gratis, ed è l’unico modo se non vuoi spendere 100 euro, per ascoltarti anche le registrazioni, che sono la parte fondamentale del metodo stesso.
    Il problema però, dal mio personale punto di vista, nasce dalla difficoltà di studiare su schermo. Non mi riesce, anche perché tendo a distrarmi, e in ogni caso mi stanca precocemente la vista rispetto ad un testo scritto, senza contare che fare gli esercizi sul libro a matita è più pratico.
    Però la domanda è: quale libro affiancare alle registrazioni? Beninteso il testo scritto digitale ce l’ho, ma devo trovare il corrispondente cartaceo, se no sarebbe inutile. Secondo me comunque è questo:

    http://www.libreriauniversitaria.it/lingua-latina-se-illustrata-orberg/libro/9788895611440

    Cosa 26 euro e su libraccio viene dato come esaurito…

    in risposta a: Eurotalk Now Latin corso #14478
    Gabriele
    Partecipante

    Insomma non posso nascondere la mia delusione. Francamente non credo alle sirene che insistono sul fatto che questi corsi siano “inutili”, che senza anni e anni di insegnamento “tradizionale” in età adolescenziale non si arrivi ad una buona comprensione e fruizione del latino (o del greco). Ci sono persone che, magari non con il latino ma con lingue vive, hanno imparato a parlarle fluentemente nei paesi di origine dove vengono parlate. Questo dimostra la piena validità del sistema, senza contare che nei testi forniti, se non nelle registrazioni, vi sono comprese tutte le schede dettagliate su declinazioni, coniugazioni e sintassi, quindi basta applicarvisi. Ma questo corso no, sono 25 euro buttati mi dispiace dirlo.

    in risposta a: Riforma dell’Università #14455
    Gabriele
    Partecipante

    La riforma purtroppo si ritrova a dover tagliare qualcosa, cerca di tagliare sui professori, speriamo che poi le università nella loro autonomia, ovviamenta a danno degli studenti e per proteggere i loro dipendenti non facciano ricadere il tutto sulle tasse. A parte questo si è puntato il dito contro pratiche nepotistiche e contro il controllo ferreo che i dinosauri degli atenei esercitano per mandare avanti le università inserendo esclusivamente i loro pupilli. Non che debbano essere parenti per forza, ma osatemi negare che i concorsi pubblici per i dottorati e tanto più per gli assegni di ricerca e posti di professori non sono già pilotati e la spunta chi ha il protettore più influente.
    Ora molti -difensori dell’attuale sistema, in quanto leccaculi dei professori da cui sperano un inserimento senza concorrenza nell’organigramma- direbbero: Ma no, non è vero, ci sono persone preparatissime che anche se aiutate dai professori lo sono perché si fanno il mazzo così a gratis per aiutarli nelle loro ricerche ed in altre attività meno edificanti. Certo, tutto vero, ma questo succede perché i professori possono permetterselo, e se uno “serve” bene, allora è ritenuto un “giusto” premio l’assunzione senza prove, il merito insomma, secondo lor signori, si guadagna sgobbando, non competendo. Ma se sono tanto bravi questi signori, questi pupilli così riverenti, questi studiosi in erba che magari hanno affrontato gli stessi studi, le stesse scuole, ed hanno le stesse esperienze, che magari hanno gli stessi interessi sul piano della ricerca dei loro anziani mentori, perché non vogliono competere ad armi pari nel concorso pubblico e preferiscono andare sul sicuro?
    Eh no cari amici, mi spiace, ma qui non siamo fessi, se volete quel posto dovrete lottare, magari vincerete, perché comunque uno se arriva ad essere pupillo non può essere poco intelligente e poco motivato, questo lo concedo, e sicuramente l’esperienza accumulata grazie ad un supporto costante e diretto ad un professore aiuta e molto, ma non è detto che vinciate, se aveste il coraggio di combattere ad armi pari cari ricercatori da mezzo soldo bucato che sapete soltanto lagnarvi… 800 euro al mese, e precari dicono… Bene, ma fai quello che ti piace, e qualche prospettiva ce l’hai, se non altro non devi spazzare le strade, cucire tomaie, o invitare bulloni. Altri magari meglio di te, ma che ai prof risultano meno simpatici o chissà per quali altri motivi, invece ci devono andare perché se no si ritroverebbero alla Caritas e sotto un ponte.
    E poi hanno il coraggio di aizzare gli studenti, poveri fessi che protestano per una bandiera (rossa di solito), senza capire che protestano a loro danno per questi idioti che li vorrebbero tenere studenti a vita solo per avere una ragion d’essere nel loro lavoro… ma guai allo studente che, una volta terminati gli studi, tenta di entrare nel “loro” mondo.

    in risposta a: Metrica : le basi #14420
    Gabriele
    Partecipante

    Ho capito che la linea è una sillaba lunga e la curva è una breve, ma sono diverse da quelle su wikipedia, d’altro canto sono uguali a quelle che ho nell’appendice del mio libro di grammatica, forse è il tipo di font non lo so! Comunque non ho capito cosa significa due segni di breve che affiancati sembrano una curva… Forse vuoi dire che la mezza luna in realtà indicano due sillabe brevi invece che una sola??
    Hai ragione major è una questione molto complessa…. Esiste un’edizione tascabile con testo a fronte di Cesio Basso e come si intitola il suo trattato?

    in risposta a: Metrica : le basi #14417
    Gabriele
    Partecipante

    @Sempronia wrote:

    @Gabriele wrote:

    Potresti spiegarmi, in parole più semplici di questo articolo, cos’è un esametro dattilico

    E’ un tipo di verso, basato prevalentemente su un’unità metrica (il dattilo), fatta da una sequenza di tre sillabe, la prima lunga, le altre due brevi.
    Nell’esametro dattilico si susseguono sei piedi (sei unità metriche); i primi quattro possono essere dattili o spondei (due sillabe lunghe); il quinto piede è (quasi) sempre un dattilo; il sesto piede è un dattilo catalettico, cioé un dattilo a cui è stata troncata la sillaba finale. Il sesto piede quindi può essere un trocheo (cioé una sillaba lunga + una breve), oppure uno spondeo (lunga + lunga), con la sostituzione della finale lunga a quella breve del trocheo.
    Il dattilo si chiama così perché la parola greca DAKTYLOS (dito) è caratterizzata da una successione di tre sillabe (lunga – breve – breve); è quindi un esempio “vivente di che cos’è un dattilo.
    Il nome del trocheo probabilmente deriva dal verbo greco TRECHEIN (correre) perché questo tipo di sequenza quantitativa dà al verso un ritmo rapido
    Il nome dello spondeo si ricollega al verbo SPENDEIN (offrire libagioni alle dei), perché usato in particolare nelle melodie lente e solenni che accompagnavano le offerte nelle cerimonie sacre.
    Detto questo, ti serve un agile manuale che, per prima cosa, ti introduca al concetto di metrica classica. Non è cosa che si spiega dalle basi in un forum.

    Ma perché la struttura delle sillabe non tiene in ALCUN conto le singole parole? E l’unità metrica, da cosa è data… Cioè perché 3 sillabe e non due, o meglio ancora, una sola per facilitare le cose?
    A me non viene di leggere non facendo distinzione tra le parole, anche se capisco che in un’epoca in cui non usavano spazi e punteggiatura, forse era più semplice…

    in risposta a: Metrica : le basi #14416
    Gabriele
    Partecipante

    @Sempronia wrote:

    @Gabriele wrote:

    a parte quelli, intendevo le linee e le curve che si usano negli schemi per indicare ogni segno una sillaba…

    Li vedi adesso? E’ bastato ingrandirli.
    Quelle che tu chiami linee e curve sono i segni che indicano, rispettivamente, sillaba lunga e sillaba breve. Seguono le singole vocali, ciascuna con l’indicazione della quantità linga e breve.

    ˉ ˘
    ā ă ē ĕ ī ĭ ō ŏ ū ŭ

    Li vedevo anceh prima… ma non sono quelli che dico io, leggi sulla voce di wikipedia, c’è uno schema di dattilo che è quello che intendo.

    in risposta a: Metrica : le basi #14413
    Gabriele
    Partecipante

    Questi sempronia:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Esametro_dattilico

    ho provato a fare copia e incolla ma non si visualizzano. Potresti spiegarmi, in parole più semplici di questo articolo, cos’è un esametro dattilico, la formazione in piedi, il trocheo (c’è anche come regola dell’accento in grammatica greca ma esattamente cos’è?), la cataletti (non so se si chiama così) e perché questi nomi, dattilo, spondeo ecc…?

    Infine una considerazione un po’ polemica, perché secondo te, oggi, molti si considerano “grandi” poeti solo perché mettono insieme frasi sdolcinate, ma ignorano completamente le costruzioni metriche che pure è qui la difficoltà dell’essere poeta, sennò è mera prosa più o meno gradevole?
    Grazie

    in risposta a: Metrica : le basi #14411
    Gabriele
    Partecipante

    a parte quelli, intendevo le linee e le curve che si usano negli schemi per indicare ogni segno una sillaba…

    in risposta a: Metrica : le basi #14410
    Gabriele
    Partecipante

    Sì ma come posso riprodurre i segnetti dello schema metrico?

    in risposta a: Metrica : le basi #14408
    Gabriele
    Partecipante

    Ciao, io ho provato a guardare nell’appendice della mia grammatica, alcune cose mi sono chiare, altre no.
    Infatti negli schemi dove si indicano le varie sillabe e le loro costruzioni, in alcuni casi non mi torna lo schema con il verso preso ad esempio… Proprio a livello di numero di sillabe, non capisco sinceramente, forse sbaglio qualche riferimento.

    in risposta a: Problemi di pronuncia #14231
    Gabriele
    Partecipante

    Ciao Tiberius,
    recentemente ho iniziato ad ascoltare anche i cd di greco della assimil, che ti insegnano le lingue come vive, ebbene, a quanto pare la Phi greca va pronuncia proprio P+aspirazione, solo che mi sembra l’aspirazione non venga fatta, almeno io non la colgo. Ciò mi ha confortato, anche se invece nelle incisioni di latino, che però datano a quasi 50 anni fa, quando il processo di ricostruzione non era avanzato come dopo il lavoro del Prof. Allen su Vox Latina e Graeca, ph viene pronunciato come f.
    Ho notato altresì su youtube, in un video consigliatomi a suo tempo da Sempronia, dove un tale pronunciava metricamente (ammetto che quando ho fatto il mio video su Catullo sulla falsa riga di quello di Praefix ignoravo qualsiasi costruziome metrica, cosa che ignoro anche adesso, ma leggendo mi sono fatto un’idea almeno più chiara di cosa volesse dire la quantità), facendo quindi attenzione alle quantità i carmina, costui evitava sempre di pronunciare la consonante finale negli accusativi al termine dei versi. Ho chiesto spiegazioni e mi ha detto, in italiano per altro nonostante questo sia serbo o slavo comunque, che probabilmente la consonante finale non veniva pronunziata.

    in risposta a: Eserciziario cartaceo con risposte corrette #14457
    Gabriele
    Partecipante

    Anche perché le traduzioni non sono mai uguali, spesso è questione di gusto personale, o di maggiore o minore aderenza al testo letterale o più a senso…
    Personalmente al mio stadio di studio preferisco sempre, ove possibile senza distorcere il senso di una frase, affidarmi sempre ad una traduzione LETTERALE.

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